Ci sono delle parole legate al mondo della maternità che vengono ricoperte da un velo, spinte in fondo alle gole, suoni che muoiono prima che l’aria risuoni tra i denti. Sì, perché il mondo delle mamme deve essere per forza bello e colorato, fatto di conigli sorridenti e di orsi coccolosi. Parole come “depressione post partum”, “lutto perinatale” e “aborto” non possono essere pronunciate ad alta voce, perché stridono con l’aspettativa di una gravidanza e di un parto felici.
Capita infatti che di certe cose non si parli, per paura di non essere capite o di essere giudicate, perchè vissute come, erroneamente, come “sconfitte”.
Aborto spontaneo: parlarne aiuta a non sentirsi sole
E invece. E invece bisogna cominciare a parlare ad alta voce. A raccontarsi, perché le cose succedono e non è tacendo che si possa stare meglio. Io ho sofferto di depressione post partum e prima di me non avevo mai conosciuto nessuna che ci fosse passata. Eppure quando ho cominciato a raccontare la mia storia, ho scoperto che molte invece hanno vissuto dei momenti dolorosi, solo che “non si può”, “non si dice”.
Le stesse emozioni le ha condivise Louisa Pritchard, direttrice dell’edizione inglese di Grazia, che ha avuto un aborto a 9 settimane, prima di poter avere i due figli di 2 anni e 9 mesi.
Louisa ha raccontato di non aver detto a nessuno – escluso il marito e pochi intimi – di aver abortito. Al lavoro – dove si è accorta di aver abortito – non ne ha fatto parola alcuna, perché probabilmente era vittima dello stesso tabù. L’unico “lusso” che lei e il marito si sono concessi è di piangere in privato a casa.
Eppure Louisa – che probabilmente per lavoro è abituata a gestire la pressione e lo stress – ad un certo punto non è riuscita più ad arginare il suo dolore e probabilmente quando meno se lo è aspettato ha rotto gli argini con una collega. Scoprendo così di non essere l’unica ad aver abortito e anche lei non lo aveva detto a nessuno. E dopo lei, altre donne le hanno confessato di aver vissuto lo stesso dolore e aver mantenuto lo stesso silenzio. Un vero e proprio club segreto, che accomuna chi ha avuto questa perdita e che, per cultura, non viene raccontata
Louisa scrive nel suo intervento sul Telegraph che ha apprezzato la “discesa in campo” dell’inventore di Facebook Mark Zuckeberg che ha condiviso con tutti – proprio lui che ha creato il concetto di condivisione on line – il fatto che sta per diventare papà dopo ben 3 aborti spontanei.
Anche se il feto è ancora piccolo e non arriva alla 12esima settimana, tu futuro genitore cominci a fantasticare, a fare dei progetti, a capire se si nota già un accenno di pancia. E poi via, tutto scompare in un attimo. Un attimo prima sei incinta e quello dopo è tutto finito.
Noi donne dobbiamo imparare a condividere di più i nostri dolori. A non vergognarcene: scopriremmo che quel senso di solitudine infinita che proviamo a volte è solo nella nostra testa.
E voi unimamme cosa ne pensate? Se aveste avuto uno o piu’ aborti spontanei, ne parlereste o avreste paura?