Si parla spesso di carenza di asili nido, ma anche dei costi che comporta iscrivere un bimbo in una di queste strutture indispensabili per le famiglie in cui entrambi i genitori dei piccoli lavorano.
La questione, ancora più sentita in un momento economicamente non florido per molte famiglie, verte sulla redistribuzione a livello locale delle tariffe negli asili nido pubblici tra gli utenti del servizio.
Secondo un’indagine nazionale compiuta nell’anno educativo 2008 – 2009, l’importo medio è stato
- pari a 349 Euro al mese nei nidi pubblici,
- mentre è arrivato a 487 Euro per i privati.
C’è da tener presente inoltre che nel settore privato la tariffa non viene graduata a seconda del reddito famigliare.
Per fare maggiore chiarezza su questa delicata questione l”associazione Cittadinanza attiva ha promosso uno studio approfondito delle rette full time applicate al primo figlio frequentante in 99 comuni capoluoghi di provincia, considerando anche le informazioni riguardanti le classi Isee (fasce di reddito) .
I risultati delle analisi evidenziano un’elevata eterogeneità intra regionale e inter regionale delle rette determinata dall’autonomia del comuni nello strutturare le varie tariffe per l’asilo nido.
Le differenze sono lampanti.
Ma quanto si redistribuisce con le politiche tariffarie dei nidi pubblici? E quali i fattori che determinano il comportamento redistributivo di un comune rispetto a un altro? Diverse le risposte:
- il tasso di partecipazione femminile al mondo del lavoro: maggiore è, maggiore la domanda del servizio, maggiore l’effetto redistributivo
- i comuni con donne sindaco mostrano una maggior attitudine a questa pratica
- area geografica: comuni situati nell’Italia centro meridionale mostrano un comportamento meno redistributivo
Insomma care mamme, prima di fare un figlio bisognerebbe informarsi bene sulle politiche sociali di ciascun comune.
Voi mandate i vostri figli al nido? Cosa ne pensate di questi studi?