Recenti analisi mediche hanno individuato anomalie genetiche che potrebbero contribuire al manifestarsi dell’autismo.
Il tutto è partito dai Ricercatori della Rockefeller University che hanno sviluppato un nuovo modello statistico per effettuare uno screen genetico avvalendosi di strumenti con una maggior potenza di calcolo.
Applicando tutto ciò all’autismo sono stati scoperti dei geni che non erano emersi nelle analisi precedenti.
Ecco come si è svolto il loro lavoro:
- sono stati presi in esame informazioni dal genoma di centinaia di individui affetti da autismo
- sono emerse variazione genetiche collegabili alla sindrome dell’autismo.
La novità consiste nel fatto che cominciando a trattare i primi sintomi dei bambini intorno ai 12 mesi si potrebbe cambiare il corso della malattia.
Questo tipo di indagine, condotta da Knut Wittkowski del Center for Clinical and Translational Science della Rockefeller University si instaura all’interno di una nuova corrente di pensiero scientifico definita ampio studio del genoma, che allarga gli orizzonti della medicina partendo da una visione più estesa e sfaccettata.
Il metodo usato da Wittkowski punta a trovare combinazioni di diversi SNPs (polimorfismo a singolo nucleotide), variazioni cioè del materiale genico, a differenza degli altri studi che invece si concentrano su uno solo.
Lo studio degli SNPs è molto utile poiché variazioni anche di singoli nucleotidi, le molecole che costituiscono il DNA, influenzano:
- lo sviluppo di patologie
- la risposta ad agenti chimici e farmaci
per questo motivo sono utilizzati nella diagnostica e nello sviluppo di nuovi farmaci (farmacogenomica).
Usando strumenti scientifici e matematici sempre più precisi, Wittkowski e i suoi hanno analizzato il genoma di 2700 individui individuando appunto diversi gruppi di geni SNP.
Questi risultati, se successivamente confermati da ricerche cliniche potrebbero lasciare intravedere uno spiraglio di speranza per tutte le famiglie in cui uno dei bambini risulta affetto da questa sindrome.
Secondo i dati raccolti da Wittkowsk infatti le medicine usate per curare l’epilessia possano avere effetti benefici anche sui bimbi autistici se somministate tra i 9 e i 24 mesi di età.
Insomma, quando si dice che la ricerca porta speranza…e noi lo speriamo davvero!