Molti dei giochi che troviamo attualmente in commercio, a prima vista molto attraenti per forma e per colore, in realtà non presentano idonei stimoli sensoriali per il bambino quindi, non soddisfano il suo bisogno di scoperta, e verranno presto accantonati in un angolo dopo un primo momento di apparente interesse.
Perché il bambino giochi di sua iniziativa è necessario che nell’ambiente in cui vive abbia a disposizione materiali diversi dai giocattoli confezionati, materiali che facciano venir voglia al bambino di fare, che forniscano opportunità di percezioni variate e gradevoli e si prestino all’esplorazione e alla combinazione.
Elinor Goldschmied come Maria Montessori, Adele Costa Gnocchi, le sorelle Agazzi, Margherita Zoebeli, Elda Scarzella, ed Emmi Pikler, sono importanti educatrici del ‘900 che si sono adoperate per il benessere dei bambini e degli adulti che li curano.
Le idee di Elinor Goldschmied e la sua pratica sono ancora oggi un’importante base per chi si occupa della cura della prima infanzia.
Elinor Goldschmied e il cesto dei tesori
Inglese di nascita, Elinor ha lavorato nel campo della formazione per 30 anni in vari Paesi oltre che in Italia: Inghilterra, Scozia, Spagna e Francia.
Negli anni ’50 a Milano ha collaborato con Elda Scarzella, che nel dopoguerra aveva aperto e dirigeva un servizio educativo per l’accoglienza di madri nubili e adolescenti: “Il Villaggio della Madre e del Fanciullo” .
Nel 1958 insieme danno avvio al nido interno della nuova sede ubicata nel quartiere QT8 a Milano, è proprio lì che Elinor definisce il termine “Treasure basket” (Cesto dei tesori).
Goldschmied ha lavorato soprattutto sull’osservazione e sul gioco dei bambini nei primi tre anni di vita e, pur trovandosi in quei difficili anni in situazioni di mancanza costante di mezzi e materiali, ha sviluppato proposte di grande creatività e attualità. Nel 1959 si trasferisce a Londra, ritornando con regolarità in Italia dal 1978 al 1998 per dedicarsi alla formazione delle educatrici degli asili nido comunali di Milano e di altre città italiane.
Quando ero in attesa della mia seconda figlia Uriel, ho sentito parlare di Elinor Goldschmied e del suo approccio educativo dalla dott.ssa Emma Mandelli: puericultrice, educatrice ed artista che ha condotto nella biblioteca che frequentavo un laboratorio creativo, grafico-pittorico e di cucito dedicato alle gestanti.
La dott.ssa Mandelli si è formata secondo l’approccio definito dalla Goldschmied ed è stata a diretto contatto proprio con lei. Nell’asilo nido di Milano nel quale lavorava, la dirigente dott.ssa Mimma Noziglia, psicologa psicoterapeuta, ha infatti invitato la Goldschmied per condurre corsi di formazione per il personale educativo. La dott.ssa Mandelli ci ha raccontato che Elinor organizzava la formazione sempre attraverso la pratica dell’educazione attiva, coinvolgendosi e chiedendo coinvolgimento: era fondamentale, per lei, che le educatrici avessero la possibilità di osservare e quindi capire per esperienza quanta passione, concentrazione, progettualità e perseveranza ogni bambino può sviluppare se messo in condizione di prendere iniziative e svilupparle seguendo un ritmo personale.
Nell’ intervista a Goldschmied di F. Cremaschi pubblicata nel 1979 su “Zerosei” n. 4/5 dicembre “I bambini non possono aspettare”, (che è anche il titolo originale del suo libro), Goldshmied afferma che i primi anni di vita del bambino sono di fondamentale importanza, che lo sviluppo sia fisico che della capacità mentale avviene con estrema rapidità in questo periodo e bisogna quindi sfruttarlo. Ma quali sono i metodi per sfruttare al meglio questo tempo? Vediamoli insieme.