La via del genitore è costellata di prime volte. Momenti importanti a cui non si è preparati e dove si prendono decisioni al volo, sperando che siano quelle più giuste. Prime volte che spaziano tra argomenti diversi, situazioni che fino a qualche mese prima avreste liquidato come situazioni di poca importanza ma che adesso, ora che si ha un figlio che dipende da noi, hanno una rilevanza completamente differente.
Finché si tratta dello indecisione di fronte alla scelta del primo biberon o del primo ciuccio, ci si può anche ridere sopra (anche se decidere tra il ciuccio in lattice e quello in caucciù non è stato affatto semplice!), ma quando si tratta di dover gestire per la prima volta vostro figlio con la febbre, la situazione cambia completamente.
A nostro figlio è venuta per la prima volta la febbre il 14 agosto, mentre eravamo a Roma in visita dai miei genitori. Era stata una vacanza particolarmente lunga, per dare l’occasione ai nonni e ai bisnonni di passare del tempo con il primo nipote. Io e Marta, però iniziavamo a sentirci un po’ stretti. Ci mancavano i nostri spazi come genitori, come coppia e come persone. Senza considerare che ho una famiglia molto numerosa e che in quelle due settimane, sono passati tutti per poter conoscere Giacomo. Insomma, nonostante mi sia trovato bene, sia stato bello per me e Marta rivedere tutti e poter toccare con mano il calore della mia famiglia, sentivamo il bisogno di tornare a casa. La partenza era stata fissata per il 15 agosto.
La sera del 14, però, Giacomo ha iniziato a sentirsi poco bene. La febbre era salita di colpo e noi no sapevamo proprio come fare. Mia madre cercava di aiutarci come poteva ma, molto delicatamente, non voleva neanche intromettersi troppo. Sapeva che la situazione doveva rimanere in mano nostra, in quanto genitori. Io e Marta abbiamo dormito a turno, così da poter vedere se la situazione peggiorava. Abbiamo chiamato il dottore di famiglia che ci ha consigliato cosa fare. Per il resto, dovevamo solo aspettare che la febbre scendesse. Quella notte, invece, ci fu una delle discussioni più terribili mai successe tra me e Marta. Entrambi volevamo gestire la situazione come ritenevamo fosse più opportuno. Il problema era che mentre io cercavo di mantenere un atteggiamento più calmo, Marta era andata nel pallone. Si sentiva persa, non trovandosi nel suo ambiente. La pediatra, la mamma, i suoi fratelli, gli amici, erano tutti lontano e non potevano aiutarci se non con parole di conforto. Insomma, si era trovata persa. Io avevo percepito questo suo panico e cercavo di farla stare tranquilla, proponendogli di lasciar fare a me. Facendo così, peggiorai solo la situazione. Involontariamente, avevo messo in discussione la sua attitudine ad essere mamma, l’avevo fatta sentire incompetente e assolutamente inadeguata per poter gestire la situazione, come si richiede a un padre e a una madre. Purtroppo non riuscì a fare questo ragionamento quella sera, e la discussione andò avanti per molto, tra recriminazioni e silenzi, mentre cercavamo di stare vicini a Giacomo.
Il mattino dopo chiamammo la pediatra che ci consigliò di andare al pronto soccorso. Il più vicino era il Policlinico di Roma. Fortunatamente, il 15 agosto la città si svuota e arrivammo facilmente lì. Quando l’infermiere misurò la febbre a Giacomo per valutare la situazione, la temperatura era 36.7. La febbre di mio figlio, che non era mai scesa per tutto il tempo sotto 37.8, era magicamente sparita. Cercammo di giustificarci con l’infermiere spiegandogli la situazione, che non eravamo dei genitori apprensivi ma effettivamente quando eravamo partiti da casa, la febbre era a 38.2. Dopo la visita di controllo, per essere sicuri che tutto fosse a posto, siamo tornati a casa più rilassati.
Con Marta abbiamo parlato molto di quella sera e ogni tanto ci ripensiamo ancora. La prima febbre di Giacomo che tirò fuori il peggio di entrambi. È stato un momento veramente difficile, non solo come genitori, vedere tuo figlio che soffre e non poter far nulla, ma anche come coppia. Abbiamo capito di aver sbagliato tutto. Il nostro punto di partenza era stato completamente errato: avevamo smesso di essere una squadra ed entrambi credevamo di avere la verità in tasca. La cosa più grave, però, è stata che avevamo smesso di fidarci l’uno dell’altra. Io la vedevo nel pallone e quindi pensavo non fosse in grado di gestire la situazione. Lei mi vedeva superficiale e quindi pensava che non avrei fatto le scelte giuste. Sarebbe bastato parlare con calma e restare uniti, per aiutarci a vicenda in quel momento difficile.
La prima febbre la ricorderemo per sempre. Non tanto per la gravità della situazione. In fondo, seguendo le indicazioni del dottore, è andato tutto per il meglio. Se avessimo mantenuto la calma e il sangue freddo, forse saremmo riusciti a stare più vicini anche a Giacomo. La ricorderemo come monito, come insegnamento per il futuro. Perché stavolta si trattava solamente di febbre, ma in una situazione più grave, perdendo la testa allo stesso modo, potrebbe molto peggio.
Comunque anche se litigate, niente paura, vi suggeriamo alcuni consigli per evitare le discussioni.
E voi unigenitori, come avete gestito la prima febbre?