Nove mesi sono lunghi e quel tempo ti dà modo di riflettere. Ne avevamo già parlato in relazione all’attesa. Ma in quei nove mesi un futuro papà non è da solo. Deve condividerlo con la futura mamma e rivedere totalmente il proprio rapporto di coppia. Ieri eravate tu e lei, una coppia in crescita, ancora con tante esperienze da vivere e la possibilità di divertirsi e fare ciò che si voleva. Oggi aspettate un figlio e tutto sta cambiando rapidamente.
Con l’arrivo di un figlio il rapporto di coppia si trasforma. Da due diventate tre e questo vuol dire mettere in discussione tempi e spazi oltre che, naturalmente, i propri ruoli.
La futura mamma è sempre al centro dell’attenzione. Il corpo cambia e una nuova vita cresce dentro di lei. Il papà è costretto a guardare da fuori un cambiamento che non riesce a comprendere del tutto. Le incomprensioni sono inevitabili e lo stress che si accumula porta a discussioni. Inoltre, tutti i luoghi comuni sulla gravidanza, come le nausee, non sono dei punti fissi. Questo comporta sicuramente dei vantaggi per la donna, che può sperare di non dovere passare mesi distesa a letto o rinchiusa dentro casa. Ma conduce l’uomo in un terreno inesplorato dove non ci sono punti fermi, percorsi prestabiliti. Si naviga a vista. Perché ogni donna vive la gravidanza in maniera differente e questo la rende speciale.
Un papà vorrebbe avere un manuale d’istruzioni, una guida su cosa fare e come farlo. Trovarsi di fronte una persona diversa, che certe volte non si riconosce, perché cambia, matura, si trasforma psicologicamente oltre che fisicamente, destabilizza. Crea confusione. Oltretutto ci si sente messi da parte, perché tutti si concentrano sulla mamma e il bambino. E tu non hai più un ruolo.
La mia esperienza ha seguito proprio questo percorso di riflessione. Un primo periodo di destabilizzazione, in cui non sapevo più chi ero né cosa facevo o avrei dovuto fare. Vedevo la nostra vita di coppia, iniziata solo da tre mesi, cambiare rapidamente. Io e Marta ci eravamo sposati da poco e stavamo iniziando ad avere le nostre piccole abitudini: la colazione speciale la domenica mattina, cucinare insieme, gli scherzi, i film, le passeggiate. Insomma, quelle cose che fanno le coppie quando vanno a vivere insieme. Tutte le nostre abitudini stavano svanendo giorno dopo giorno. E questo mi destabilizzava. Naturalmente mai una volta ho desiderato di non avere una figlio, ma stava andando tutto troppo in fretta. Questo stress mi portava ad essere nervoso e a discutere con Marta sempre più spesso. Fino a quando non ho capito che mi stavo comportando da egoista. Pensavo a me, a cosa dovevo fare e a come avrei voluto essere considerato. Con questo atteggiamento, i litigi con Marta si moltiplicavano perché entrambi ci rinfacciavamo ciò che avremmo voluto ricevere dall’altro. Fino a quando non ho capito.
Chiamarla illuminazione forse è eccessivo. Diciamo che ho voluto tentare una strada diversa. Dedicarmi a lei e tentare il più possibile di sopperire ai suoi bisogni. Ho sbagliato tante volte seguendo questa strada perché è sempre difficile capire i bisogni dell’altro. Con calma, però, anche lei ha capito che tentavo solo di mettermi a sua disposizione e le cose sono migliorate. Abbiamo iniziato a parlare e a confrontarci sui nostri bisogni e le nostre speranze. La gravidanza è diventato un periodo meraviglioso.
Perché quando ci si apre all’altro, non si possono che avere influssi positivi. Lei diventa bellissima, come solo una donna incinta e felice può esserlo, risplendendo di una luce diversa che la rende meravigliosa. Perché si sente apprezzata, si sente amata, non si sente sola ad affrontare un cambiamento che per lei è già iniziato mentre tu lo stai ancora aspettando. Tutto questo nel reciproco rispetto, consapevoli che le paure e le ansie per il presente e il futuro ci sono da entrambe le parti. Ma solo restando uniti e aperti all’altro si possono affrontare e superare.
E per voi unimamme, è stato così? Il vostro rapporto è cambiato?