Finalmente è giunta la notizia che tanti aspettavano. Vi ricordate Meriam Ibrahim, la donna condannata a morte per apostasia in Sudan , finalmente è stata liberata.
La corte d’appello ha ordinato la sua scarcerazione e la cancellazione della precedente sentenza che prevedeva anche 100 frustate per il reato di aver sposato un uomo di fede non musulmana, il marito Daniel Wadi è infatti cristiano.
Dopo il suo rilascio Meriam è stata trasferita in una casa sicura, perché l’odissea di questa donna coraggiosa e perseguitata, non è finita qui.
La sua stessa famiglia infatti l’ha minacciata di morte, qualora la sentenza non fosse stata applicata.
Intorno al caso di Meriam si era costituita una forte pressione da parte dei governi occidentali, la sua vicenda infatti aveva toccato le coscienze di moltissime persone scatenando reazioni di protesta in tutto il mondo a sostegno di questa donna “colpevole”, secondo la sharia in vigore in Sudan, di essere di fede cristiana pur avendo padre musulmano e di averne sposato uno.
La causa legale contro questa donna era sorta quando alcuni sconosciuti che si professavano parenti della signora Ibrahim, avevano sporto denuncia.
Da lì poi la situazione era precipitata fino all’incarcerazione e condanna a morte di Meriam.
Ora però il peggio è passato.
Secondo Abobaker Safwan, un attivista che ha collaborato alla liberazione di Meriam, il governo sudanese si sarebbe trovato in una posizione molto imbarazzante nei confronti dell’opinione pubblica internazionale e non avrebbe voluto altra pubblicità negativa.
Ora si sta lavorando per mandare Meriam in America, dove potrebbe essere riconosciuta come rifugiata.
Il senatore americano del Missouri Roy Blunt, in modo particolare, si è interessato del caso di questa donna e ha confermato di continuare a lavorare per il trasferimento di Meriam e i suoi negli Usa.
Secondo Juergen Schurr, consulente legale per i diritti umani, Meriam potrebbe addirittura ricevere un risarcimento da parte del governo sudanese per il torto subito.
Anche Amnesty International che ha sostenuto la causa di Meriam attraverso una petizione, pare essere concorde. L’associazione inoltre sottolinea le brutali condizioni in cui la donna è stata tenuta durante la sua prigionia.
Meriam infatti è rimasta incatenata fino alla nascita della figlia Maya, nata 12 giorni dopo che la sentenza di morte era stata emessa.
Solo dopo che è nata la bambini, per ordine del medico, le sono state rimosse le catene e la situazione è leggermente migliorata.
Ora si spera che Meriam e i suoi possano trovare un po’ di pace dopo l’orribile vicenda attraversata.
Ed ora un video che mostra il marito, nonchè padre di 2 bambini, raccontare questa triste storia!
Unimamme, finalmente una storia che si è conclusa grazie anche alla partecipazione di tutti. Grazie a Amnesty e grazie a chi ha firmato la petizione!