A molti genitori sarà capitato di trovarsi ad affrontare il tema della disabilità, sia perché direttamente interessati, sia per essere venuti a conoscenza di storie che la riguardano. In quale ottica però questo tema è stato affrontato? Quello del sostegno? Quello dell’emarginazione?
L‘articolo pubblicato di recente su “The Economist” cambia decisamente il modo di guardare alla disabilità e al concetto di integrazione.
L’investimento sul potenziale delle persone disabili renderà la società più produttiva
Questa testata giornalistica, diretta soprattutto al lato produttivo della società, parla dell’autismo proprio ai fini del processo economico, reputando questa forma di disabilità una risorsa da utilizzare per il benessere della società. Non sono quindi in questo caso le persone disabili a dover essere sostenute come un peso dalla società, ma è proprio quest’ultima ad aver bisogno di loro in termini di produttività.
Le “Beautiful minds”, le menti delle persone con autismo, sono una parte fondamentale della nostra società, una tessera del puzzle necessaria affinché la società sia realmente integra.
The Economist, che di cifre se ne intende, riporta numeri di statistiche molto interessanti a questo proposito. Andiamo a scoprirle insieme.
Nel 1970 in America la diagnosi di autismo tra i bambini era 1 su 14.000 .
La stima attuale è uno su 68. Le stesse cifre alte emergono anche in altri paesi ricchi: uno studio in Corea del Sud ha scoperto che un bambino su 38 è autistico.
L’autismo è una condizione del cervello associata con scarse abilità sociali. Ha un ampio spettro di sintomi, dal comportamento ossessivo all’ipersensibilità al suono, luce o altra stimolazione sensoriale, la cui gravità varia da lieve a rovinare la vita. Anche la gamma di conseguenze è ampia: l’autismo di un informatico può essere appena percettibile, ma un quarto dei bambini autistici non parlano.
L’autismo è una condizione che sfida generalizzazioni semplici. Tranne una secondo The Economist:
“Il potenziale di troppe persone con autismo viene sprecato”.
Anche se circa la metà delle persone con autismo hanno intelligenza media o al di sopra della norma, hanno risultati peggiori di quanto dovrebbero a scuola e al lavoro.
In Francia quasi il 90% dei bambini autistici frequenta la scuola primaria, ma solo l’1% frequenta il liceo.
In America delle figure professionali che si occupano dell’inclusione degli alunni autistici affermano che sono meno della metà dei diplomati nella scuola superiore.
In Gran Bretagna solo il 12% degli adulti autistici lavora a tempo pieno.
A livello mondiale, le Nazioni Unite calcolano che l‘80% delle persone con autismo non sono impiegate nel mondo del lavoro.
Come abbiamo potuto vedere le cifre tra numero di persone con autismo e il loro numero nella formazione e nel mondo del lavoro non coincidono.
Secondo The Economist: “Questi numeri rappresentano un tributo di vite umane tragico: milioni di persone vivono ai margini e isolate dal mondo del lavoro”.
Genitori e fratelli amorevoli lottano per cercare di aiutare i loro cari con la diagnosi di autismo. La credenza è che l’autismo imponga costi economici pesanti, riducendo la crescita economica.
Uno studio americano suggerisce che tali costi potrebbero occupare il 2% del PIL.
Fortunatamente la realtà dimostra il contrario. Andiamo a vedere.