Progetto Gender, nuova frontiera nella scuola? La riflessione di un papà

bambini a scuola con le mani alzate

Nel mondo della scuola si sta toccando un tema caldo, in questi ultimi tempi. Giorni post festivi e uggiosi vengono arroventati dalle polemiche in uno scontro di visioni della vita e, più epicamente, tra cattolici e non cattolici, con ogni probabilità rimasta l’ultima frontiera ideologica in questo Paese. Il pomo della discordia è l’attuazione dei progetti Gender, ossia una serie di lezioni svolte nelle scuole per insegnare le diversità e contrastare l’omofobia, solitamente causa di atti di bullismo negli istituti scolastici.

Il termine Gender, leggendo l’inizio del significato dato dalla Treccani, in italiano significa Genere, ed è stato introdotto nel contesto delle scienze umane e sociali per designare i molti e complessi modi in cui le differenze tra i sessi acquistano significato e diventano fattori strutturali nell’organizzazione sociale.

Il termine di genere ha subito delle variazioni di significato nel tempo, e si possono suddividere in quattro fasi:

  1. di genere non si parla, ci si riferiva unicamente al sesso (1930)
  2. il genere come ruolo sociale dell’uomo e della donna (1940): comportamento del maschio e della femmina in rapporto al sesso biologico
  3. il genere come costruzione sociale o culturale (1950): ruoli stereotipati assegnati dalla società all’uomo e alla donna in ragione della differenza biologica naturale.
  4. il genere come percezione soggettiva che ha l’individuo della propria identità sessuale (1990): si prescinde dal legame con il sesso biologico.

Gli studi di genere (Gender Studies) propongono una suddivisione teorico-concettuale:

  • il sesso (sex) è il corredo genetico, ossia l’insieme dei caratteri biologici, fisici e anatomici che determinano il binarismo maschio/femmina
  • il genere (gender) è inteso come il significato sociale del sesso, attraverso le interazioni sociali, la percezione di se stessi e il contesto culturale, creando la differenza tra uomini e donne in termini di identità, aspettative, aspirazioni e norme di condotta.

Riprendendo il discorso sui promotori di tale progetto nella scuola, essi sono finiti sotto la gogna mediatica. Le associazioni cattoliche sono partite con campagne di disinnesco su tale iniziativa. Nei giornali cattolici si può leggere una netta contrarietà al progetto, che viene messo sotto accusa per il rischio di poter arrecare danni psichici nei bambini.

L’UNAR ( Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) è l’accusato numero uno.  Questo organismo è stato costituito presso la Presidenza del Consiglio Dipartimento Pari Opportunità, con decreto nel 2003. Il decreto nasce per adeguare la legislazione italiana a una direttiva europea del 2000 che recita: ” parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica“.  L’imputazione che viene fatta all’UNAR è che si occupi in prevalenza di omosessualità, con ingerenze nel campo della scuola e dell’informazione.

Il Cardinal Bagnasco è stata una delle voci più autorevoli a criticare con forza l’iniziativa. Queste le parole del suo intervento al Consiglio Cei: “In questa logica distorta e ideologica, si innesta la recente iniziativa di tre volumetti dal titolo “Educare alla diversità a scuola”, che sono approdati nelle scuole italiane, destinati alle scuole primarie e alle secondarie di primo e secondo grado. in teoria le tre guide hanno lo scopo  di sconfiggere bullismo e discriminazione ,cosa giusta, in realtà mirano a istillare nei bambini preconcetti contro la famiglia, la genitorialità, la fede religiosa, la differenza tra padre e madre… parole dolcissime che sembrano oggi non solo fuori corso, ma persino imbarazzanti, tanto che si tende ad eliminarle anche dalle carte. E’ la lettura ideologica del “genere”, una vera dittatura, che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni. Viene da chiederci con amarezza se si vuol fare della scuola dei “campi di rieducazione”, di “indottrinamento”. Ma i genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati? si è chiesto a loro non solo il parere ma anche l’esplicita autorizzazione? i figli non sono materiale da esperimento in mano di nessuno, neppure di tecnici o di cosidetti esperti. i genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c’è autorità che tenga“.

Anche io rimango perplesso davanti all’argomento. Si deve sicuramente vagliare la metodologia; agli insegnanti, che tratteranno l’argomento, si dovrà richiedere una sensibilità maggiore, evitare di creare muri contro chi non vuole affrontare l’argomento, cercare sempre il dialogo e creare sinergie con i genitori. Rispettare la sensibilità dei bambini.

La sessualità, l’identità di genere sono temi delicati tra adulti e quindi vera dinamite per i bambini.  Ma detto ciò, penso  che  i tempi richiedano nuove frontiere da esplorare, e vi rientra anche la sessualità spiegata ai bambini.  Serve per ridare ai nostri figli una possibilità concreta di conoscere meglio se stessi (e in tempi sterili come questi se ne sente forte il bisogno), e partendo da una conoscenza più approfondita su questi temi, credo che si possa  affrontare più preparati un terreno importante e che non ha mai conosciuto schieramenti ideologici; quello di capire le proprie emozioni.

E poi non si può continuare a vivere nell’equivoco con la realtà degli omosessuali. Ognuno la vive come crede, ma non la si può ancora considerare una malattia, lo trovo aberrante.

Il progetto Gender potrebbe diventare la culla del rispetto e della pacifica convivenza. Si deve sradicare il seme dell’odio e dell’intolleranza dai cuori dei nostri figli. l’omosessualità fa parte di questo mondo, non è un ospite inatteso, un intruso. Il mondo va avanti, è andato oltre la caccia alle streghe e deve andare oltre all’omofobia.

Cari unigenitori cosa ne pensate?

 

(Fonte: LaStampa.it )

 

 

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