Siamo a settembre e come ogni anno per chi ha figli al di sotto dei 3 anni si ripropone il problema: meglio nido o nonni? Oppure per chi può è meglio che i bimbi siano a casa con la mamma? O ancora: meglio mandarli al nido ugualmente anche se si gode degli aiuti di nonni o tate o babysitter?
Noi non siamo contro al nido: la nostra è una scelta di vita precisa, visto che preferiamo – tra mille sacrifici – lavorare da casa e stare con le nostre figlie. Non è semplice riuscire a conciliare famiglia e attività, ma vedere cambiare e crescere Paola e Vittoria quotidianamente è la nostra forza.
In ogni caso, anche se avessimo deciso di mandare Paola, sarebbe stata una scelta molto dispendiosa: secondo l’inchiesta di Cittadinanzattiva infatti mediamente mandare un bimbo al nido comunale costa 311 euro al mese. Una spesa non indifferente per una famiglia dove magari ci sono più figli, senza considerare le bollette e le uscite correnti.
Quanto costa andare all’asilo nido? La differenza tra le varie Regioni
La differenza della spesa varia a seconda della Regioni. Quella più costosa è la Valle D’Aosta (440 euro), mentre quella più economica è la Calabria (164 euro), dove però le rette sono aumentate del 18%. Cosenza ha un incremento record del 117,3%, anche se risulta essere ancora la città meno cara con 100 euro al mese. La città più cara d’Italia in tema di asili nido è Lecco, con un costo mensile che si aggira attorno ai 515 euro. Cittadinanzattiva ha ricavato le cifre per la frequenza a tempo pieno (in media, 9 ore al giorno) e, dove questa non c’è, a tempo ridotto (in media, 6 ore al giorno), per cinque giorni a settimana. L’analisi ha considerato una famiglia media di tre persone (genitori e figlio 0-3 anni) con reddito lordo annuo di 44.200€ e Isee di 19.900€. I dati sono elaborati dalle amministrazioni comunali di tutti i capoluoghi di provincia relativamente agli anni scolastici 2013/2014 e 2014/2015.
Alcune delle città più care si trovano in Lombardia (4:Lecco, Sondrio, Cremona e Mantova), in Piemonte (Cuneo e Alessandria), Veneto (Belluno), Valle D’Aosta (Aosta), Trentino (Trento) e Liguria (Imperia). Tra le città meno care assieme a Catanzaro, anche Vibo Valentia, Roma e Trapani, tutti luoghi in cui la retta si aggira tra i 100 e i 200 euro.
A causa delle rette elevate e della presenza del servizio non sempre uniforme in tutta la nostra Penisola, di fatto soltanto il 12% dei bambini tra gli 0 e i 2 anni frequenta il nido (con dati variabili tra l’Emilia Romagna con il 24,8% e la Campania con il 2%). Il 58% degli asili è privato, mentre il 42% è pubblico. Inoltre, uno su cinque resta in attesa di un posto nel nido comunale, con punte del 67% in Basilicata e del 51% in Valle D’Aosta.
Sempre secondo Cittadinanzattiva c’è un notevole divario sulle ore del servizio: l’87% dei capoluoghi lo garantisce a tempo pieno, mentre città come Potenza, Matera, Bari, Brindisi, Lecce, Cagliari, Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa, Crotone solo l’orario ridotto di sei ore.
La regione che ha il numero di nidi pubblici maggiore è l’Emilia Romagna (619 strutture e 28.388 posti disponibili) seguita dalla Lombardia (597 nidi e 25.145 posti), Regione che conta anche il maggior numero di asili e posti privati (rispettivamente 1.540 e 35.825).
La maggior presenza di asili nido privati al Nord, con il 60% contro il 40% dei pubblici. Seguono il centro con 55% e 45% e Sud con 54% privati e 46% pubblici.
Da questa indagine quindi si evince che non sia la mancanza di strutture il problema quanto le rette che sono esageratamente alte e che non tutti possono permettersi: i bambini attraverso il nido imparano sin da piccoli la socializzazione e l’autonomia, ma ad un prezzo che non è sostenibile per tutte le famiglie.
E voi unimamme? Avete mandato i vostri figli al nido o avete preferito altre soluzioni?
(Fonte: Cittadinanzattiva.it)