A Rudolf Steiner e a Maria Montessori, ai cui metodi abbiamo dedicato precedenti post, si deve un grande merito per quanto riguarda l’enorme cambiamento che hanno apportato alla pedagogia e all’approccio educativo con i bambini e i ragazzi.
Grazie al loro intervento si è passati infatti da una concezione del bambino come di un interlocutore sostanzialmente “vuoto”, da riempire di nozioni e da educare, da controllare e da “inquadrare”, ad un individuo che contiene già in sé le potenzialità,che lo renderanno un adulto autonomo e in grado di seguire il proprio sentire, un individuo che la scuola deve soprattutto aiutare a trovare il suo talento specifico, per renderlo sempre più autonomo ed integrato nel tessuto sociale delle relazioni, il più possibile rispettose di sé e dell’altro.
Non poco in effetti, soprattutto perché molto spesso i bambini presentano delle difficoltà nell’apprendimento, o nelle relazioni, proprio a causa dell’approccio usato, che non dà abbastanza fiducia alle loro capacità e punta ad ottenere soltanto dei risultati utilizzando la competizione o la frustrazione dei voti.
I due metodi succitati presentano punti di contatto, ma anche divergenze importanti.
Nel metodo Montessori:
- l’arte e la creatività sono considerate importanti, ma non sono centrali come nel metodo elaborato da Steiner;
- sono fondamentali i materiali pratici attraverso cui il bambino vive le esperienze e impara. I materiali sono stati individuati con cura dalla Montessori stessa che ne ha identificato, nel corso dei propri studi, il valore pedagogico, eliminando i giochi che si dimostrassero poco interessanti e mantenendo quei materiali che invece stimolano il bambino. Inoltre, pur avendo i bambini libero accesso all’uso dei materiali, è l’insegnante che si incarica di mostrare loro il tipo di uso che se ne può fare e poi i bimbi sono liberi di replicare;
- i materiali a disposizione dei bambini inoltre sono di un tipo per ciascun “gioco” e ogni bambino può tenerlo per il tempo che vuole, perciò gli altri sono portati ad aspettare il proprio turno;
- si punta a sviluppare l’autodisciplina del bambino;
- il bambino viene guidato verso l’apprendimento della scrittura intorno ai 3-4 anni, secondo tecniche che si avvalgono dell’uso dei sensi come strumento fondamentale attraverso cui i bambini imparano.
Nel metodo Steineriano ( scuola Waldorf)
- il bambino ha libero accesso ai materiali di gioco, ma l’insegnante non interviene nè mostra come debbano essere utilizzati, anzi i bambini sono incoraggiati a manipolare i materiali e a trasformarli a piacimento in relazione alla propria fantasia;
- l’insegnante ha la funzione di guida e funge da modello di comportamento, ispirazione per i bambini;
- è data primaria importanza alle attività di tipo creativo: dalla fabbricazione della carta, all’euritmia, alla recitazione, all‘apprendimento di uno strumento musicale. L’apprendimento delle nozioni classiche (come lettura e scrittura) passa invece in secondo piano e viene proposto intorno ai sette anni, età in cui il bambino è ritenuto pronto;
- nella scuola Waldorf è richiesta ai genitori una partecipazione attiva alle attività della scuola: i genitori dei bambini sono invitati non solo a partecipare di alcune iniziative, ma anche a contribuire all’ interno della scuola, mettendosi a disposizione per giovare alla comunità scolastica con il proprio aiuto ( dall’organizzazione di feste, alla disponibilità per attività o piccole manutenzioni all’interno dell’edificio scolastico…).
Queste le differenze più evidenti tra i due approcci educativi che, è interessante constatare, anche nel nostro paese, vengono scelte da un sempre maggior numero di famiglie per l’educazione dei propri figli.