I genitori dei bambini con autismo sanno che questa è una condizione con cui i loro figli dovranno convivere per tutta la vita.
Ora però qualcosa sta cambiando e, grazie alla ricerca, arriva finalmente qualche spiraglio di speranza in più rispetto alla cure e trattamenti tradizionali.
Autismo: un nuovo trattamento per i piccoli
L’autismo è un disordine del comportamento che colpisce un bimbo su 100 e ha effetti alquanto significativi sulla qualità della loro vita.
Una ricerca che verrà presto pubblicata sulla prestigiosa rivista medica The Lancet e di cui si parla sul Mirror ha mostrato gli ottimi risultati di una cura a lungo termine svolta in collaborazione con le famiglie dei piccoli.
Il progetto è stato portato avanti dai genitori dei bimbi partecipando a:
- 12 sessioni di terapia
- durate 6 mesi
- sono stati fatti 30 minuti al giorno di comunicazione programmata
- i bimbi coinvolti erano 152
- i piccoli avevano da 2 ai 4 anni
I genitori partecipanti alla sperimentazioni sono stati invitati a guardare filmati di se stessi mentre interagivano coi bimbi e poi ricevevano dei feedback dai terapisti.
Dopo aver ricevuto i consigli i genitori cambiavano drasticamente la loro consapevolezza e la loro risposta ai modelli di comunicazione dei bambini.
Riuscivano a comunicare meglio coi piccoli e in modo più mirato.
“Alla fine i genitori riuscivano a interpretare meglio la comunicazione insolita e indiretta dei piccoli” spiega Green “ i genitori riescono a capire che in realtà dietro le anomalie i bambini cercano di comunicare come gli altri bimbi“.
Le mamme e i papà imparano a rispondere in un modo che si auspica incoraggi la comunicazione sociale dei bambini e lo sviluppo di modalità comunicative più adattabili.
Attraverso questo studio si è scoperto che la formazione dei genitori nel comunicare con i bambini autistici nei primi anni della loro vita riduce in modo significativo i sintomi dell’autismo.
Questi effetti positivi continuano per almeno 6 anni dopo la fine del trattamento.
“Si tratta di un miglioramento particolarmente significativo che potrebbe incidere sulla vita di migliaia di bimbi autistici”.
Gli scienziati, il cui lavoro è il primo a individuare gli effetti a lungo termine di un intervento precoce nell’autismo, hanno scoperto che i bambini che avevano ricevuto le cure quando erano tra i 2 e i 4 anni mostravano sintomi meno gravi 6 anni dopo, miglioravano dal punto di vista comunicativo e riducevano i comportamenti ripetitivi.
Il professor Jonathan Green, dell’Università di Manchester, che ha guidato lo studio, commenta così: “questo tipo di intervento precoce è distintivo per il fatto di essere progettato per lavorare coi genitori aiutandoli a migliorare la comunicazione genitori – bambini a casa”.
Il vantaggio di questo nuovo approccio risiede nella possibilità di influenzare la vita di tutti i giorni del bambino. “I nostri risultati sono incoraggianti dal momento che migliorano i sintomi principali dell’autismo che si ritenevano molto resistenti al cambiamento“.
Naturalmente i ricercatori ci tengono a sottolineare che non si tratta di una cura nel senso proprio del termine perché, anche se i bambini migliorano, i piccoli continueranno a manifestare i sintomi in modo variabile.
Tutto questo però suggerisce che lavorare con i genitori per migliorare l’interazione con i bimbi riduce in modo significativo i sintomi a lungo termine.
Per completezza bisogna aggiungere che sebbene ci siano stati miglioramenti nel comportamento e una riduzione degli atteggiamenti ripetitivi rimangono comunque problemi rilevanti:
- linguaggio
- ansia
I risultati finali hanno mostrato, in 6 anni, una riduzione dei 17% dei sintomi nel gruppo dei bimbi autistici.
I ricercatori aggiungono che i piccoli dovranno comunque continuare a ricevere sostegno nel corso della vita per le loro necessità.
La dottoressa Judith Brown, a capo della Autism Knowledge at the National Autistic Society, evidenzia che questo studio dimostra che intervenire prontamente nei primi anni della vita ha notevoli benefici sui bimbi da 7 a 11 anni.
Unimamme, voi cosa ne pensate? Partecipereste a una simile sperimentazione se i vostri bimbi ne avessero bisogno?
Noi vi lasciamo con una serie di studi dedicati all’autismo.