Ed eccomi sul web a cercare risposte a tutte le domande.
Dai numeri delle beta in poi quasi ogni giorno mi sono rivolta, qual fiduciosa adepta, all’oracolo Google affinché placasse le mie ansie.
Ad un’ansia che va una nuova ne arriva, e questo lo sapevo già, ma intrappolata tra le maglie della rete c’è la domanda delle domande che ancora non mi era molto chiara: Che mamma sei?
Certo qualche frase detta da un’amica già mamma o sentita per caso in conversazioni che ancora mi interessavano poco mi aveva già allarmato ma il fatto non mi riguardava.
Un po’ come la frase che senti dire sempre: “quando sarai mamma capirai”.
Espressioni che mi parlavano di un mondo a me sconosciuto e che soprattutto non poteva che rimanere tale fino al lieto evento.
Mamme canguro, mamme eco-chic, mamme chioccia, mamme moderne, mamme polpo… Mamma mia che impressione!
Scusate il gioco di parole. Oltre alla difficoltà che mi accompagna da sempre di ritrovare me stessa incasellata in una precisa categoria, tutto questo parlare intorno alle mamme mi ha fatto incontrare quella pressione che poi ho imparato, bene o male, a conoscere.
Perché questo discorso di categorie buone e cattive nasconde secondo me un tema ancora più complicato: l’ossessione della perfezione delle mamme.
Rileggendo il blog di Michela Marzano, (l’autrice tra l’altro di: “Volevo essere una farfalla”) mi è apparso ancora più chiaro come una delle ossessioni di oggi, quella della perfezione a tutti i costi trovi una delle più chiare manifestazioni nel mondo della maternità.
Non c’è nulla di male a tendere alla perfezione, il problema nasce quando nell’ansia di essere perfette si cede alle tentazioni di un controllo eccessivo, di un elogio della performance e di una continua ricerca, di una parola che ora è in auge: eccellenza.
Questa ricerca del metodo migliore non solo svilisce o minimizza i contenuti ma esclude tutto ciò che non gli somiglia. Ed ecco che se non sei una super mamma forse non sei abbastanza.
Se già non pensi al college migliore o alla scuola di musica più “performante”, altro aggettivo brutto e usatissimo, forse non sei così convinta. Come faccio con tutte le ansie ho fatto un passo indietro per guardarle meglio. Ho pensato alle donne che stimo di più e che sono già mamme da tempo. Ho riflettuto su cosa mi piace di loro o no.
Ho concluso che quello che mi piaceva in loro esisteva già prima di essere mamme.
Ognuna di loro ha risposto a questa “chiamata” come ha potuto, con sincerità, stanchezza e ostinazione e umiltà, parola invece molto poco in auge. Io non so quale sia la risposta giusta a quella domanda. So però quello che non sono.
Non sono una mamma perfetta, così come non sono una donna perfetta e a questo posso aggiungere il ruolo chevoglio: figlia, amica, compagna, ecc..
La domanda successiva è: Posso accettare di non essere perfetta? E vivere meglio con me stessa?
E posso sinceramente accettare che quindi anche mia figlia non lo sia, proprio come tutto ciò che la circonda?
Allora un invito a tutte le mamme, me compresa, a ripetersi questa frase: l’imperfezione non è un peccato e tanto meno “il” peccato.
Non possiamo essere sempre le mamme che vorremmo, le professioniste che vorremmo e via discorrendo, ma io credo che questo può portarci ad essere più autentiche, sincere e se possibile sorridenti.
E se ora mi prende un’altra ansia c’è sempre Google…
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