Ho letto il libro di Chiara Cecilia Santamaria prima di rimanere incinta e devo dire che l’autrice è dotata di un umorismo spiazzante che mi ha fatto vedere la maternità in maniera nuova e divertente.
Chiara è una ragazza romana che attualmente vive a Londra con il compagno e Viola, la bambina di 4 anni che è arrivata in un momento assolutamente impensato per l’autrice di “Quello che le mamme non dicono”. Il libro in realtà è uscito nel 2009, ma continua ad avere successo visto che racconta l’idea, forse per la prima volta reale, dell’attesa e dei primi mesi di un neonato, che di “dolce” e di “vita della mia vita” hanno molto poco.
Era la fine del 2007 quando Chiara si è accorta di essere incinta: il lavoro, anche se entusiasmante, era precario e aveva da poco iniziato a convivere con il suo ragazzo. Insomma, a tutto pensava tranne che a mettere su famiglia.
Il primo passo per confrontarsi con le altre mamme, in cui forse Chiara non ci si è mai ritrovata (o almeno con alcune di esse) è stato aprire un blog, che in breve tempo è diventato uno dei più autorevoli della rete: “Ma che davvero?” prende il nome dalla prima frase proferita dopo aver visto che il test di gravidanza era positivo (per la cronaca: la seconda è stata: “oh cazzo”). Il blog ha avuto così successo che ne è stato tratto un libro in cui la giovane mamma ha parlato senza peli sulla lingua della sua esperienza di madre.
Pur amando moltissimo sua figlia, per la prima volta la maternità viene raccontata per ciò che anche è: una serie di momenti sfiancanti in cui un bambino piange, si fa la cacca addosso, ti vomita il latte nei capelli e tu vorresti solo indossare le tue scarpe più belle e andare a divertirti con le amiche. Perché Chiara ha avuto il coraggio di dire ciò che magari in molte pensavano, ma che non avevano mai saputo dire a voce alta per paura di essere giudicate. La società si aspetta che la mamma sia sempre perfetta, che soprattutto si immoli per i propri figli tralasciando il parrucchiere e smettendo di prendersi cura di sé stesse solo perché è passata alla modalità “donna-distributrice di latte/pappe/pulisci sedere”.
E improvvisamente ci si e’ rese conto che in realtà ci sono molte donne, molte più di quanto si credeva, che non ci stanno a rinunciare a loro, al loro essere persone nonostante (e forse soprattutto grazie) alla maternità. Niente grembiuli a fiori e pattine, allora.
Le donne 2.0, ma anche quelle che non raccontano la propria vita in un blog, sono profondamente cambiate: ne hanno diritto, visto che si fanno figli sempre più tardi e si ,è si spera, più consapevoli di sé. Nel qual caso, c’è sempre Chiara a ricordarcelo: d’altronde ci sarà stato un motivo se gli orari di Viola appena nata assomigliavano a quelli della mamma a Formentera.