Leggere dati statistici può sembrare un’attività noiosa o fredda.
Nel caso della maternità ci sentiremmo anche legittimate a pensare che il confronto sia ancora più stridente. Ma non è così.
I numeri ci raccontano
In realtà nei numeri è raccontata la realtà delle cose.
Ogni mamma poi può riportare i numeri a se stessa e alla propria storia.
Facciamo un esempio tratto dal sito dell’Istat: “La peculiarità del nostro Paese è ravvisabile nel ricorso intenso alla rete di aiuti informale dalla solidarietà intergenerazionale. Sei bambini su dieci sono affidati ai nonni quando la madre lavora. Questo avviene principalmente per la carenza di servizi per l’infanzia: solodue bambini su dieci frequentano un asilo nido pubblico o privato.”
A questa descrizione del nostro Paese ognuna di noi può aggiungere volti, storie e quel colore personale che ogni vita ha in sé. Ma la difficoltà di molte e moltissime maternità è già racchiusa in quella formula, solo apparentemente, fredda. “Rete di aiuti informale” si traduce quindi nel volto dei nonni e nonne che quotidianamente, e con fatica, sostengono il peso affettivo, e spesso anche economico, della famiglia. “Carenza di servi per l’infanzia” inevitabilmente evoca a noi tutte le spesso troppo tristi immagini legate all’iscrizione agli asili nido, domande, punteggi raggiunti e non raggiunti. E anche se non ci è accaduto personalmente è facile averne fatto esperienza indiretta.
Un esercito di nonni
I motivi che spingono i genitori a non scegliere l’asilo nido sono fotografati in queste cifre: “Le madri che vorrebbero fare uso dei servizi all’infanzia, ma che non hanno potuto,dichiarano tra i motivi più frequenti la mancanza di posti (22% circa), la carenza di asili nido nel comune di residenza (21% circa) e la retta troppo cara (19%). “La parte più fortunata di mamme e genitori quindi bilancia la crudeltà delle cifre con il sorriso rassicurante, a volte critico anche, di 11 milioni di nonni.
Su questi 11 milioni ben 1 su 3 si occupa dei nipoti. Sarebbe bello e comodo pensare che questo sia la conseguenza di quel nostro carattere nazionale che ci vuole mammoni, indolenti, risparmiatori, ecc.. Forse in parte lo è. Purtroppo in minima parte.
E anche qui l’analisi statistica ci viene in aiuto: “Tuttavia, l’esperienza dimostra che più i servizi all’infanzia sono diffusi e funzionano bene più ne aumenta la richiesta: il nido diventa una scelta educativa di cui un numero sempre crescente di madri vuole avvalersi”.
A conclusione di queste riflessioni, oltre al pensiero affettuoso per ogni nonno “occupato” spesso ben oltre le sue possibilità e forze, aggiungiamo due dati su cui riflettere. Il primo dato è purtroppo inevitabile e inconfutabile:
“Infine, un sistema di aiuti basato prevalentemente sulla solidarietà intergenerazionale non è equo, in quanto non lascia molte alternative a chi sui nonni non può contare.”
La distribuzione del lavoro familiare
Il secondo dato invece lo è molto, molto meno…“La divisione del lavoro familiare nel nostro Paese è sbilanciata a svantaggio delle donne, anche quando queste lavorano fuori casa.
Il numero di ore svolte nelle attività domestiche e di cura dalle donne risulta circa il triplo di quello degli uomini, e il divario non si riduce di molto se si considerano individui occupati.”
E anche qui ognuna di noi saprà sicuramente colorare i dati con la forza della propria unica e personale esperienza.Ma questo dato, ci piace ripeterlo, non è inevitabile! 🙂