Quando si rompono le acque è il chiaro segnale che il parto è imminente.
A dir la verità c’è un altro elemento che fa presagire la nascita del bambino ed è la perdita del tappo di muco, che proteggeva il collo dell’utero. Questa però può presentarsi anche fino a due settimane prima della rottura delle acque vere e proprie, e quindi non è il caso, appena si nota una consistenza filamentosa striata di sangue sulle mutandine, di lasciare la padella sul fuoco e di precipitarsi in ospedale.
Il segnale inequivocabile, dicevamo, è la rottura delle acque. Da qui partono le contrazioni, all’inizio irregolari e poi via via sempre più vicine. Anche in questo caso, non è necessario andare subito in ospedale: è meglio concedersi un bel bagno caldo (non sia mai di partorire con i capelli sporchi… :), in realtà è perchè rilassa) e aspettare che le contrazioni diventino più ravvicinate.
Il discorso non vale se le acque sono torbide: in questo caso il bambino può aver inalato del meconio (le sue prime feci) e ciò potrebbe provocargli un’infezione. In tale situazione, andare in ospedale tempestivamente è l’unica cosa sa fare.
Una volta giunti in ospedale, però, è possibile che il travaglio non si esaurisca in tempi ragionevoli (in media otto ore se si è al primo parto). Secondo una ricerca americana riportata nella rivista scientifica American Journal of Obstetrics & Gynecology, infatti, i tempi medi del travaglio si sono allungati di 2 ore e 36 minuti per il primo parto e di 2 ore per i successivi, rispetto a cinquant’anni fa. Che bella notizia: già bisogna aspettare di essere aperte in due, come un tacchino, e in più si attende più a lungo. Preparatevi, pertanto, una bella compilation musicale da inserire nel vostro Mp3: almeno urlerete cantando “No surrender” (traduzione: “Nessuna resa”) di Bruce Springsteen.
A prima vista, i risultati della ricerca sembrerebbero un controsenso, visto che oggi la medicalizzazione dovrebbe favorire la riduzione dei tempi, non aumentarli, ma come riportato dalla rivista Donna e Mamma, alcuni esperti spiegano quali possono essere i fattori che compromettono un’accelerazione del parto:
- Il primo è l’età della madre: oggi è in media di 31 anni, e man mano che si prosegue con l’età, si registra un incremento dei cesarei poiché l’utero è fibromatoso, non è cioè in grado di rilassarsi bloccando di fatto la dilatazione.
- Il secondo motivo è l’aumento di peso: più chili si prendono in gravidanza, più il travaglio potrebbe risultare lungo. Attenzione quindi alla dieta: bisogna cercare di fare pasti più frequenti e leggeri, anche per via delle nausee nei primi mesi.
- Altro fattore è paradossalmente la medicalizzazione: la richiesta dell’epidurale infatti potrebbe aumentare i tempi del travaglio di 40/90 minuti.
- Non dimentichiamo che per le donne partorire può essere un motivo di ansia e stress, che possono arrestare la dilatazione: a volte infatti la paura di provare dolore, di non avere controllo sul proprio corpo e di non sapere che cosa succederà possono essere controproducenti.
Mamme siate quindi serene. E ricordatevi che Bruce Springsteen è sempre con voi…