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Translucenza nucale e bitest: avendoli fatti vi racconto cosa sono

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Valentina Colmi

Già durante la primissima visita dal ginecologo, quando la nana era una virgola o poco più nella mia pancia, mi è stato chiesto quale tipo di esame prenatale avrei voluto fare. Io non ne sapevo assolutamente nulla, e la mia amica che mi accompagnava (mio marito era fuori per lavoro) mi ha detto che lei si era sottoposta alla villocentesi, un test invasivo che, tramite l’analisi dei villi coriali, permette di capire se il feto avrà delle malattie cromosomiche.

Il mio ginecologo, che è veramente un mito, mi ha detto: “Guardi, le analisi prenatali sono come un menù: lei può scegliere quello che ritiene meglio per sé o anche non fare nulla, basta che ne sia consapevole“. Stava per caso paragonando la salute della nana con un piatto di maccheroni? No, ovviamente. La sua espressione originale voleva solo comunicarmi che non ero obbligata a scegliere nulla di cui non fossi assolutamente certa.

Io e mio marito ci abbiamo riflettuto e abbiamo deciso che mi sarei sottoposta solo alla translucenza nucale.

Innanzitutto la translucenza non da una certezza, ma solo la probabilità che il bambino sia affetto o meno da alcune anomalie cromosomiche, come la sindrome di Down. Se volete insomma essere più sicure dovete per forza sottoporvi ad un test più invasivo come l’amniocentesi o la villocentesi, ma io non me la sono sentita.

Avrei avuto il coraggio di abortire se la mia nana non fosse stata “perfetta”? No, non lo avrei avuto. Considero questa figlia come una grande benedizione, è arrivata subito, per cui non potevo certo comportarmi come Dio e decidere delle vite degli altri. Pertanto, abbiamo svolto solo la translucenza assieme all’esame del sangue, il bitest.

L’esame si svolge in questo modo: si combina un’ecografia che si svolge  tra le settimane 11+0 e 13+6 di gestazione e un esame del sangue della madre. Nell’ecografia si misura appunto la translucenza, ovvero una sorta di  liquido che è ben visibile nel feto durante il primo trimestre e che si trova dietro la testa del bambino. Più la fessura che contiene il liquido è sottile, minore probabilità ci sono che il bambino abbia qualche sindrome genetica. Un altro valore che viene misurato è l’osso nasale: più l’osso è pronunciato, minori probabilità ci sono di sindrome di Down (dove invece il naso risulta più schiacciato).

L’esame del sangue estrae invece delle proteine e degli ormoni  (Free Beta-HCG e PAPP-A) per vedere se la madre è portatrice di qualche malattia genetica, dovute ad anomalie cromosomiche .

Nel nostro caso la probabilità combinata è stata molto bassa, ma ripetiamo, si tratta di un calcolo statistico, per cui quando la nana nascerà vedremo. E in ogni caso, per noi sarà bellissima!

E voi unimamme, quale esame avete scelto?

Valentina Colmi

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