Secondo uno studio pubblicato dal National Academy of Sciences journal e riportato dal quotidiano inglese “The Telegraph”, i neonati capiscono il significato di parole poco complesse, come: “mela” o “braccio”, già dai primi mesi.
Studi come questi, molte volte, confermano sensazioni o semplici comportamenti che spesso le mamme adottano senza l’avallo di studi scientifici. Molte mamme parlano ai loro bimbi, già da subito, come se potessero capire tutto o quasi.
In parte penso succeda perché in fondo il dialogo con il nostro bimbo, spesso non sempre, inizia già da quando sappiamo della sua esistenza. Accarezzandosi la pancia, o meno, molte mamme parlano con i loro bambini già da subito, creando un lessico familiare che verrà poi ampliato quando il bimbo sarà tra le braccia. Capita che questo atteggiamento sia oggetto di ironia da parte di chi guarda e così possiamo sentirci dire: “Ma guarda che è piccolo non capisce!”.
E l’ironia è sempre apprezzabile, soprattutto se ci ostiniamo a trattare i nostri bambini come se fossero già grandi, ma sul fatto che possano capirci, almeno a grandi linee, evidentemente no.
Lo studio di cui parliamo è stato condotto dal Pnas, ossia il giornale ufficiale della United States National Academy of Sciences. Si tratta di un’importante rivista scientifica, come possiamo leggere su Wikipedia, stampata per la prima volta nel 1915, che raccoglie articoli molto citati nella comunità scientifica.
Sull’articolo del Telegraph possiamo leggere alcuni dettagli dello studio:
- 33 neonati, di età compresa tra 6 e i 9 mesi, sono stati messi insieme a 50 bimbi più grandi, di un’età compresa tra i 10 e i 20 mesi;
- a tutti i bambini è stata mostrata una schermata con due immagini, una mela e un braccio, e poi è stato chiesto alle madri di chiedere ai loro bambini se l’immagine mostrata fosse, ad esempio, la mela o il braccio;
- dopo aver osservato i movimenti degli occhi dei bambini, i ricercatori hanno concluso che ben 26 dei 33 neonati, di età compresa tra i 6 e i 9 mesi, riconoscevamo l’immagine corretta con una frequenza tale da escludere l’ipotesi che tale fatto sia riconducibile ad una pura casualità.
Il Dottor Daniel Swingley, uno dei ricercatori dell’Università della Pennsylvania che ha condotto la ricerca, conclude esortandoci a parlare con i nostri bambini, perché una parte di quello che diremo loro è compresa fin da quando sono piccolissimi.
E quindi cari genitori…attenti a quello che dite, ma soprattutto parlate ai vostri figli, sin dai primi tempi!