Come più volte abbiamo ribadito, il momento del parto è un momento estremamente importante sia per la mamma che per il bambino, per la salute di entrambi, dal punto di vista emotivo, ed anche in virtù del rapporto futuro che si verrà a creare, a seconda se il parto è stato gestito più o meno traumaticamente, con più o meno disagi.
Le mamme, come è giusto, qualora non si presentino situazioni che possano mettere in crisi la salute del bimbo o della madre, hanno diverse possibilità di scelta rispetto al tipo di parto che vogliono vivere, una tra le tante possibili declinazioni del parto è il Lotus Birth.
Che cos’è il Lotus Birth? Nel sito dedicato all’argomento, viene data una definizione ben precisa: “Il Lotus Birth è il modo più dolce, sensibile e rispettoso per entrare nella vita. E’ la procedura di nascita in cui il cordone ombelicale non viene reciso e il neonato resta collegato alla sua placenta. Pochi giorni dopo la nascita (dai 2 ai 10, ma di media 3 -4) il cordone si separa in modo naturale dall’ombelico del bambino. Il distacco avviene quando entrambi, bambino e placenta, hanno realmente concluso il loro rapporto e decidono sia giunto il momento della separazione”
Il nome Lotus Birth deriva da quello di Claire Lotus Day un’infermiera che, rimasta incinta, fu la prima a decidere che non avrebbe fatto tagliare il cordone ombelicale del figlio, perché lo considerava un gesto estremamente violento e non rispettoso del “corpo eterico” del bambino (per corpo eterico si intende una parte non visibile di noi, quella che, secondo le discipline olistiche, ci permette di assorbire e trasformare l’energia dell’universo).
Oltre a queste motivazioni di natura olistica, mantenere intatto il cordone ombelicale, e collegato il bambino alla sua placenta, porta anche dei vantaggi sul piano della salute della mamma e del bambino stesso:
Nel nostro paese la pratica del Lotus Birth è facile da praticare nel momento in cui si decida di partorire in casa, ma è possibile richiedere che ciò avvenga anche in un contesto ospedaliero. Sicuramente è opportuno parlarne esplicitamente, prima del parto, a medici e ostetriche per assicurarsi che la struttura non abbia riserve in merito e non crei delle resistenze.
Ci sono ospedali nel nostro Paese che hanno addirittura inserito la pratica del Lotus Birth nei loro protocolli, in alcuni comunque è stata praticata: consideriamo che il primo caso di Lotus Birth in Italia risale al 2006 ed è stato effettuato a Mantova.
In caso il protocollo dell’ospedale non preveda tale pratica, i genitori possono firmare una liberatoria di assunzione di responsabilità.
E’ comunque consigliabile, se si realmente interessati al Lotus Birth, rivolgersi a strutture che siano già aperte e sensibili a tale pratica.
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