Il 14 febbraio scorso la Caritas Europa ha presentato, a Dublino, un rapporto intitolato: “L’impatto della crisi europea “. Oggetto delle analisi sono i cosiddetti PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna), ossia i paesi più fragili dal punto di vista economico della Unione Europea.
Abbiamo già parlato sul sito dell’economia come scienza umana, che ci può aiutare a comprendere la realtà. In quell’occasione, le riflessioni del professore americano Jeffrey D. Sachs sulle relazioni esistenti tra la povertà di un paese e le sue politiche sociali, ci hanno permesso non solo di conoscere meglio l’”esistente”, ma anche di conoscere le sue “ricette” per contrastare lo stato di disagio in cui versano le fasce più deboli dei paesi industrializzati. Analisi economiche e sociali, come quelle dell’”illuminato professore” della Columbia University, ci permettono di gettare luce su cosa NON si deve continuare a fare. Il rapporto della Caritas ci impone le stesse conclusioni. La Caritas infatti non solo fornisce dei dati utili per far comprendere al meglio la situazione odierna, ma, forte della sua presenza sul territorio e della reale conoscenza delle società nei vari paesi analizzati, propone anche delle opportune “vie di uscita” dalla crisi.
Partendo dai dati, non possiamo non registrare le preoccupazioni che riguardano il nostro paese:
- secondo i dati Istat, nel 2011 (ultimo anno disponibile), l’11,1% delle famiglie italiane era sotto la linea di povertà. La povertà delle famiglie italiane (misurata in base al livello dei consumi familiari) è andata gradualmente aumentando nel corso degli ultimi 3 anni (per l’Italia, non sono disponibili per il 2011 i dati sulle persone a rischio di povertà, misurato da Eurostat in base al calcolo dei redditi).
- la disoccupazione di lungo periodo appare sotto i valori medi europei, mentre quella giovanile è piuttosto rilevante (35,3%).
Il Rapporto continua analizzando “le tipologie sociali emergenti, a forte rischio di povertà ed esclusione sociale, a causa della recente crisi economica”:
- adulti, di età compresa tra 40‐50 anni, che si ritrovano improvvisamente disoccupati dopo una vita di lavoro regolare;
- giovani adulti, che lavorano sulla base di contratti a tempo determinato, collaborazioni occasionali , lavori stagionali, e che cambiano continuamente settore di lavoro e tipo di mansione. Tale indeterminatezza si riflette nell’incapacità a progettare il proprio futuro, in termini professionali, personali e familiari;
- piccoli imprenditori che devono fronteggiare bancarotta, fallimenti, difficoltà del mercato, indebitamenti, scivolamento nel mercato del credito illegale, ecc.;
- immigrati ex‐utenti Caritas, che tornano in Caritas per chiedere nuovamente aiuto, dopo aver perso il lavoro a causa della crisi ed essere stati assorbiti dal mercato del lavoro nero;
- anziani, che si fanno carico di figli e nipoti disoccupati, attingendo ai propri risparmi, vendendo l’abitazione di proprietà, accendendo finanziamenti a proprio nome, ecc.
Tutto questo ci parla di una situazione che ognuno di noi, purtroppo, percepisce ogni giorno essendo a contatto con la società esterna e/o partecipando alla gestione economica della propria famiglia. Motivo per cui non può lasciarci indifferente questo dato: in 21 stati membri l’infanzia rappresenta il gruppo sociale a maggiore rischio di povertà (valore medio europeo: 26,9%).
Da cui il monito che la Caritas rivolge a tutti gli stati membri: “I risultati del Rapporto dimostrano che le misure di austerità – se non accompagnate da adeguate politiche di sostegno e di sviluppo – rischiano di avere un impatto sempre più negativo sulle vite delle persone povere, e di far cadere molte altre persone per la prima volta in una condizione di povertà.”
Il Rapporto si conclude con dei consigli a tutti gli Stati e in particolare all’Italia cui si chiede “in conformità al dettato evangelico e ai principi costituzionali di solidarietà ed equità“:
- la necessità di una misura universalistica di contrasto alla povertà;
- un ripensamento del sistema di welfare, orientato alla famiglia come soggetto esposto ai rischi dell’esclusione, ma anche come agente per l’inclusione;
- una decisa azione di politiche integrate verso i minori e i giovani, sul piano educativo, sociale e occupazionale, per ridurre le disuguaglianze ed offrire maggiori opportunità;
- la costruzione di strategie di inclusione per gli immigrati e le loro famiglie, a partire dal tema della cittadinanza dei minori nati in Italia;
- un rinnovato e articolato impegno verso le aree più povere e marginali del nostro paese (meridione, quartieri sensibili, aree montane), capace di riqualificare sul piano economico, territoriale e della coesione sociale.
Vogliamo però concludere con la speranza racchiusa nel titolo di un altro Rapporto Caritas 2012 su povertà ed esclusione sociale in Italia: “I ripartenti. Povertà croniche e inedite. Percorsi di risalita nella stagione della crisi”. In tale rapporto, presentato in occasione della “Giornata internazionale di lotta alla povertà” il 17 ottobre scorso, si può leggere che: “Nonostante le tendenze di peggioramento, si registrano segni di speranza: una grande vitalità delle comunità locali, che hanno avviato esperienze di ogni tipo per contrastare le tendenze della marginalità sociale. Gli operatori Caritas narrano di un nuovo desiderio di ripartire, espresso da molte persone in difficoltà: affiora la volontà di rimettersi in gioco, l’aspirazione a migliorare la propria situazione”.
Ecco quindi una speranza per il nostro paese, e per tutte noi che ogni giorno accettiamo di rimetterci in gioco.