I padri e le mamme che lavorano hanno diritto a vedere tutelate le garanzie che gli spettano per legge.
Secondo la normativa vigente, il padre in congedo di paternità (in caso sia l’unico genitore o nel caso in cui la madre non sia in condizioni di potersi occupare del figlio) non può essere licenziato fino al compimento di un anno di età del minore in favore del quale è stato chiesto il congedo.
La mamma non potrà essere licenziata sin dall’inizio della gestazione, anche se ad esempio il datore di lavoro non ne fosse a conoscenza, e sino al compimento di un anno del bambino.
Lo stesso principio vale per le madri ed i padri adottivi o affidatari: in questo caso in termine è quello di un anno dall’ingresso del bambino in famiglia.
Questi che seguono invece sono i casi in cui si potrà procedere al licenziamento:
In merito al punto 5 è importante però valutare se la gravidanza della donna, o il periodo di congedo di paternità non abbiamo determinato la scelta del licenziamento. In questo caso si configurerebbe una discriminazione, passibile di ricorso nelle sedi previste.
Durante il periodo di congedo non si potrà essere messi in mobilità.
Inoltre è illegittimo il licenziamento giustificato dall’assenza sul posto di lavoro per malattia del figlio o per usufrutto del congedo parentale.
E se la donna in attesa fa il lavoro di domestica? Se la donna in stato interessante svolge il lavoro di domestica, e la gestazione è iniziata proprio durante il periodo di svolgimento del lavoro, la legge prevede che questa non possa essere licenziata sino al terzo mese dopo il parto.
Spero di aver fatto un po’ di chiarezza su un tema spinoso per molte di noi.
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