Quando si decide di percorrere la strada dell’adozione, non si entra in un “supermercato”, perdonatemi il termine, dove siamo liberi di scegliere il prodotto che più ci piace.
I bambini non sono prodotti che decidiamo di mettere nel nostro carrello, ma sono degli essere umani, più meritevoli di tutti di tutele e di amore.
Sebbene l’ordinamento italiano, preveda un sistema normativo complesso, i giudici aditi in tale materia, hanno sempre cercato di garantire l’interesse supremo dell’adottato.
È di nuovo la Cassazione Civile, sez. VI, che, con la sentenza 28.12.2011 n° 29424, ha definitivamente disposto quanto segue: “L’accesso alle procedure dirette ad ottenere un’adozione internazionale sono subordinate alla totale assenza, da parte degli adottanti, di riserve sull’etnia del bambino o sul timore di tare genetiche in capo a quest’ultimo”.
Tale principio di diritto, rispecchia quanto disposto dalla legge 184/1983. In tale Legge si prevede in capo al giudice adito la facoltà di valutare la concreta capacità della coppia di educare, istruire e mantenere i minori che intendono adottare.
La Suprema Corte di Cassazione adita, emetteva la suddetta sentenza, nel caso che vedeva una coppia di aspiranti genitori dichiarare di non essere disponibili ad adottare un bambino di religione diversa da quella cattolica, di origine rom o figlio di pazienti psichiatrici.
Le motivazioni della giovane coppia nascevano dalla paura di dover affrontare difficoltà nella crescita che avrebbero comportato una gestione ardua del medesimo, ed una difficile opera di inserimento sociale.
I giudici della Corte di Cassazione, intervenuti, hanno, dapprima, giustificato il timore espresso dalla giovane coppia, descrivendolo come un atteggiamento difensivo “di fronte a incognite che nella adozione sono possibili se non altamente probabili”. Successivamente gli stessi giudici hanno però stabilito come tali incognite “non possono sussistere, affinché possa esservi quella accettazione totale e senza riserve che è il presupposto necessario per un buon incontro adottivo”.
Di nuovo il sistema italiano ha dimostrato di essere garante dei diritti degli adottati, in questo caso minori, e di non poter accettare alcun pregiudizio in merito alla procedura di adozione.