Ecco un’altra storia “drammatica” che vogliamo raccontarvi!
Nel Paese sudamericano di San Salvador la Corte Suprema ha respinto il ricorso di Beatriz (chiaramente un nome di fantasia), incinta alla 26sima settimana, che chiedeva le fosse effettuato un aborto terapeutico a causa delle caratteristiche della sua gravidanza:
- lei soffre di lupus eritematoso sistemico, una malattia cronica autoimmune,
- il feto che ha in grembo soffre di anencefalia, ossia di assenza parziale del cervello.
Ma qual è l’antefatto? A inizio marzo Beatriz, già mamma di un bimbo di 13 mesi, arriva in ospedale di Rosales in gravi condizioni: ha ulcere sul corpo, febbre alta e insufficienza renale da due settimane. Le analisi mettono subito in evidenza che la donna è alla 13esima settimana di gravidanza e che il feto è anencefalico.
I medici dell’ospedale vorrebbero operare per interrompere la gravidanza, ma l’aborto in Salvador non è legale, e devono quindi prima rivolgersi ai giudici. La Corte (composta da quattro uomini e una donna), dopo un’attesa di sette settimane, rifiuta loro l’autorizzazione.
Qual è stata la reazione dei medici? Secondo i medici che hanno in cura la giovane mamma, più passa il tempo e più aumentano i rischi per la ragazza. Per la Commissione sanitaria, non c’è dubbio:l’unica scelta è interrompere la gravidanza. Che però, come abbiamo detto, in Salvador è reato, punibile con la condanna della madre e dei medici.
Chi sta vicino a Beatriz? A sostegno di Beatriz sono intervenute diverse Ong e associazioni per i diritti delle donne, ma anche la ministra della Salute Isabel Rodriguez che, come possiamo leggere sul sito del Corriere, “annuncia che il governo ha dato ai medici il permesso:”di agire immediatamente se ci sono segni che la vita della ragazza è in pericolo”. Cosa che i giudici hanno negato, senza neppure considerare un altro elemento: quasi tutti i bambini con anencefalia muoiono prima o poco dopo la nascita. Un elemento «cruciale» che secondo Morena Herrera, animatrice della campagna pro Beatriz, i giudici avrebbero dovuto valutare: «L’unica vita che qui possiamo salvare è quella di Beatriz. La decisione della Corte Suprema è irresponsabile“.
In generale, come viene considerato l’aborto in Sudamerica? Tra le ipotesi fatte per salvare la vita di Beatriz, ci sarebbe anche quella di portarla in un Paese confinante. Ma non è facile comunque, perchè:
- in Honduras o in Nicaragua, due dei paesi vicini, la legge vieta l’aborto sempre e comunque,
- stessa cosa in Cile e Repubblica Dominicana,
- è consentito solo in caso di rischio per la salute della mamma in Guatemala, Perù, Venezuela, Ecuador, Bolivia
- in Brasile è attualmente in discussione la possibilità di legalizzarlo, entro le prime 12 settimane di gravidanza, però solo nei casi di violenza o di rischio per la salute della mamma, come accade in Argentina,
- in Messico è illegale, tranne che a Città del Messico,
- in Colombia è legale solo in caso di rischio salute della mamma, violenza, e malformazione feto
- solo Cuba, Guyana, Uruguay e Puerto Rico hanno legalizzato l’aborto libero.
Ciò nonostante, dai dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il numero di aborti in America Latina è quasi 3 volte superiore a quello dell’Europa: “32 casi ogni 1000 donne contro 12″! E di questi il 95%, purtroppo, è “a rischio“!
A questo punto non ci resta che sperare che il buon senso prevalga su una legislazione che mette a rischio la vita di una giovane donna e mamma, che sta semplicemente lottando per la sua vita e non “contro la vita”.
E voi cosa ne pensate?