Abbiamo già parlato su questo sito di adolescenti e sessualità e di quanto sia importante che i ragazzi abbiano gli strumenti giusti per vivere la propria sessualità in modo corretto e responsabile però…
C’è un però che è strettamente connesso alla società in cui siamo immersi che sulla sessualità molto spesso manda segnali assolutamente ambigui: se da una parte ci si sforza in alcuni contesti come le scuole o nelle famiglie stesse di mandare un messaggio di consapevolezza e attenzione a questo argomento, dall’altra i messaggi che arrivano ai ragazzi dai media, dalla pubblicità e da tutto quello con cui sono in contatto, ad esempio, attraverso il web, invitano ad una sovraesposizione dell’immagine di sè, soprattutto di quella più legata al corpo e di conseguenza alla sfera sessuale.
In questo contesto non si vuole prendere una posizione di tipo conservatore o anche un po’ moralista circa l’espressione di sè, nè si crede che l’espressione di sè attraverso il corpo e il sesso sia da demonizzare, al contrario forse sarebbe interessante avviare una riflessione sulla possibilità di veicolare un messaggio per cui la sessualità è una parte di un tutto complesso che è quello legato all’identità personale e ai bisogni legittimi di ognuno di noi, perchè no, al di fuori di ogni moralismo, anche non necessariamente legati ai sentimenti.
E’ pur vero che gli adolescenti, bombardati da un certo tipo di immagini e dalla possibilità di accedere on line a materiale di natura pornografica entrano in contatto col mondo della sessualità in un modo che risulta più impattante.
Questo almeno è quanto emerge da un articolo pubblicato sul Corriere della Sera circa uno studio della Società italiana di andrologia medica e medicina della sessualità (Siams), presentato dall’ Istituto Progetto Uomo durante il Festival dei Saperi Educativi secondo il quale il trascorrere molte ore davanti ad immagini pornografiche possa condurre a sviluppare patologie come la dipendenza dal sesso e la pornodipendenza.
A quanto pare, il fenomeno non appare totalmente come nuovo agli studiosi ma secondo lo studio dal 2005 ad oggi il numero di frequentatori abituali dei siti porno in Italia è aumentato da 5 a 8 milioni e circa il 10% di questi utenti e composto da adolescenti.
Lo studio identifica la dipendenza da sesso come patologica laddove diventi un comportamento che va ad interferire con il normale svolgimento della attività giornaliere e vada a monopolizzare l’attenzione di un soggetto impedendogli, in alcuni casi, di concentrarsi sui propri scopi di vita personali.
Sempre secondo questo studio, l’abuso di materiale pornografico, può indurre ad una diminuzione del desiderio sessuale e scoraggia la ricerca di un contatto vero e diretto che metta in gioco le modalità relazionali del soggetto.
Quanto emerge da una parte è anche una certa esigenza di andare a catalogare certe manifestazioni come patologie, come disturbi, anche in casi in cui esse sono espressioni di un certo mutamento vero e proprio della società e degli individui che la compongono. Probabilemte è così, cambia la società, cambia la fruizione di molti contenuti, internet in mano ai ragazzi apre loro mondi impossibili fino in fondo da controllare ma appunto, al di là delle ricerche e prima ancora delle patologie, la domanda da farsi è: siamo attenti a come li educhiamo al contatto con se stessi, col proprio corpo e con quello altrui?
Siamo in grado di arginare questi fenomeni in crescita proponendo modalità meno consumistiche o bulimiche e più umane? Abbiamo insegnato ai nostri figli come relazionarsi nel rispetto di se stessi e degli altri (al di là della pornografia che può esserci o meno nel mondo), li stiamo educando all’ espressione dei loro impulsi o al consumo, alla fagocitazione di quanto più rapidamente possibile sedi gli istinti, diventando poi anche dipendenza (dal sesso, da internet, dalle droghe…)
Lo stiamo facendo?
Bella domanda.
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