Si discute da diversi giorni circa l’opportunità di modificare sui documenti, ad esempio i documenti legati alla scuola dei bambini, la dicitura madre o padre in favore di una più neutra dicitura “genitore”.
La proposta arriva da Camilla Seibezzi, consigliera del comune di Venezia con delega ai diritti civili, che per questa proposta è anche stata minacciata di morte, a segnalare come al solito la “civiltà” del nostro Paese in cui si reagisce con la violenza alle proposte di apertura ed inclusione sociale.
L’uso di questa formula ha come vantaggio per quello che riguarda la semplificazione in certe situazioni. Ci sono infatti dei bambini che hanno due mamme, oppure dei bambini con due papà e in questi contesti comunque occorre essere in grado di offrire degli strumenti di riconoscimento, soprattutto ai bambini e di conseguenza alle famiglie stesse.
Altra cosa è invece la possibilità di inserire accanto alla dicitura genitore anche il numero 1 oppure 2. In questo caso il risultato che si viene a creare è più problematico che semplificante, perché inserisce di per sè un criterio di valore come se ci fosse un genitore che vada per primo ( il numero 1) e uno invece che arrivi subito dietro (il numero 2), andando così a creare una visione d’insieme un po’ sbilanciata, e sostanzialmente andando a complicare e non ad aiutare.
Per chi si sentisse di storcere il naso di fronte a certi provvedimenti è importante ricordare che:
- le famiglie vanno comunque tutelate e riconosciute,
- non sono in discussione la parola “madre” o “padre”, ma più semplicemente sono in discussione certi modi di pensare la famiglia, non sempre corrispondenti alla società in cui viviamo, in cui le forme di famiglia sono diverse e molteplici.
In più, Europa questa è una pratica già utilizzata da tempo. E voi unimamme, che ne pensate?