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Categoria News

Feng Shaoyi, il bambino cinese di 10 anni che vuole lasciare la scuola per essere felice

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Valentina Colmi

Voglio lasciare la scuola perché gli esami noiosi uccideranno prima o poi i miei ideali”. Questo è il pensiero di Feng Shaoyi, un bambino cinese di 10 anni stufo di studiare 12 ore al giorno: si alza infatti alle 6 di mattina e rimane a scuola fino alle 18. Poi torna a casa e fa i compiti.

La notizia ha fatto un po’ il giro del mondo e come riporta il Corriere ha diviso l’opinione pubblica: c’è chi ha difeso il bambino e chi invece lo ha aggredito, dicendogli “se fossi mio figlio ti riempirei la faccia di schiaffi”. 

Perché la notizia ha suscitato così tanto clamore? Diciamoci la verità: quanti di noi, quando eravamo piccoli, hanno desiderato di smettere di studiare e di giocare tutto il giorno con le bambole o a pallone?

Eppure la richiesta del piccolo Shaoyi è stata accolta: il preside della sua scuola gli permetterà di avere un paio di pomeriggi liberi per dedicarsi al calcio o per arrampicarsi sugli alberi.

La petizione che ha scritto Feng è stata pubblicata in internet: gli ha portato 18 mila followers ed è stato letto 4 milioni di volte. Il bambino, che lazzarone non è mai stato, ha finito le elementari in tre anni invece che in cinque, ma evidentemente non ne è molto d’accordo con il sistema scolastico cinese, che costringe a primeggiare fin dalle elementari:

  • gli studenti sono spinti a fare il massimo fin da subito,
  • devono essere migliori dei compagni di banco,
  • non copiano i compiti,
  • non si passano le verifiche.

Tolleranza zero contro chi si sottrae alla voglia di imparare: i risultati sono pubblici, appesi sui muri delle scuole e addirittura c’è chi erige una statua allo studente più meritevole, diplomatosi col massimo dei voti.

Certo, gli studenti cinesi sono i migliori al mondo., come risulta anche dall’ultima rapporto pubblicato. Ma a che prezzo bisogna essere sempre primi?

Il piccolo Feng ha dimostrato che diventare il primo della classe non l’ha reso di certo più felice, anzi. Forse anche noi genitori qui in Italia dovremmo fermarci un attimo e riflettere quando chiediamo ai nostri figli di prendere sempre di più. Quello che non ho mai accettato, quando andavo a scuola, era la domanda: “E gli altri cosa hanno preso?”. I miei genitori mi hanno sempre detto che ciò che conta è l’impegno, ma in fondo in fondo pensavano che un 4 preso con applicazione era pur sempre un 4.

Ora che sono madre penso che Paola dovrà fare il suo percorso. Non importa se non sarà la più brava della classe, farà quello che potrà. E non è accontentarsi, questo: è farla crescere senza ansia. Almeno io la penso così, insomma non sono affatto una “mamma tigre“, una mamma cioè che pretenderà sempre il massimo. La spronerò, certo, ma senza patemi.

E voi unimamme? Cosa ne pensate?

Valentina Colmi

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