La Siria continua a non avere pace e nel caos che regna in questo sfortunato paese martoriato dalla guerra, colpiscono le parole pronunciate da un bimbo morente: “Racconterò tutto a Dio!”.
Ultimamente l’immagine di questo piccolo sta girando sul web e, anche se la storia è impossibile da verificare, dice molto sull‘attuale situazione di questo paese e su quanto le altre nazioni stiano facendo o meglio, non facendo, per risolvere i conflitti.
In questi giorni a Ginevra si sono svolti i colloqui di pace portati avanti dalle Nazioni Unite.
Al tavolo delle trattative vi erano sia rappresentanti del Regime di Damasco, sia ribelli.
Il confronto tra le due forze avversarie ruota intorno a un nodo centrale fondamentale per entrambe, Bashar Al Assad: il noto dittatore siriano responsabile degli eccidi:
Oltre alle accuse riguardanti l‘uso di armi chimiche, il governo siriano deve fronteggiare un’altra, pesante, responsabilità:
Si trattava infatti di luoghi sotto il controllo delle forze ribelli.
Queste demolizioni, completamente illegali, riguardano un’area grande come 200 campi da calcio.
“Eliminare interi quartieri dalle carine geografiche non è una tattica di guerra legittima” ha dichiarato Ole Solvang, una delle ricercatrici di HRW.
Da parte loro le autorità di Damasco si difendono con la seguente motivazione:
Secondo le stime di Human Rights War, a causa della guerra, sono già morte 100 mila persone, moltissimi sono i rifugiati e ancora si combatte ovunque e con ogni mezzo.
Oltre ai dissidi tra i siriani stessi sarebbero 7 mila i terroristi stranieri sopraggiunti nel Paese. Sono in molti infatti a voler prendere le redini del conflitto, tra di essi spicca il regime islamico di Iraq e El Sham (Isis), partito schierato con Assad e già molto potente in Libano e Iraq.
Tra fallimentari operazioni di diplomazia e inconciliabili ostilità, a pagare il prezzo più alto sono sempre civili, donne e bambini.
Fino a quando?
E nel frattempo?
Speriamo che sempre piu’ governi ed istituzioni rispondano all’Appello di Unicef, l’Agenzia Onu per i Rifugiati, Save the Children e World Vision “No Lost Generation” e cerchiamo anche noi, nel nostro piccolo, di contribuire.
Come? Effettuando ad esempio una donazione:
Non dimentichiamoci di loro, unimamme, sono bambini.
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