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Categoria News

Neonati spariti, le madri chiedono una giustizia mai arrivata

Published by
Francesca Nicoletti

Da oltre 50 anni, in Spagna, ci sono delle madri alla ricerca dei loro bambini sottratti al momento della nascita per metterli in vendita nel mercato nero delle adozioni.

Il giornalista Piero Badaloni ha incontrato queste donne, ascoltando le loro storie, durante il corteo organizzato dalle associazioni delle famiglie vittime di questo rapimento, a Madrid, lo scorso 27 gennaio, tenuto affinchè lo Stato ascolti le loro voci.

Quello che chiedono queste madri coraggio è solo giustizia per quanto loro accaduto e sperano che, in questo modo, non si ripeta questo crimine efferato.

Fino ad oggi i figli rapiti sembra siano superiori a 300mila e nessuno, ancora, si è mosso per prendere un provvedimento di qualsiasi genere.

I primi rapimenti in culla risalgono all’epoca della Guerra civile in cui i franchisti, in preda a follie ideologiche, lo fecero con l’intento di “salvare” i neonati dallo stesso virus dei genitori che si opponevano al loro regime. Da allora è stato tutto un crescendo fino al 1987 quando, finalmente, il Parlamento spagnolo ha legiferato in merito all’adozione dei minori.

Ma ci si chiede:

  • perché c’è voluto così tanto tempo per bloccare questo traffico?
  • da chi era organizzato?
  • chi ne era a conoscenza?
  • e, soprattutto, perché le associazioni non sono mai state ascoltate?

A queste domande e ad altre prova a rispondere il giornalista nel suo libro, In nome di Dio e della patria, poiché, se è vero che durante la guerra civile questo gesto abominevole era spinto da un’ideologia folle, è vero anche che a guerra finita questo traffico di bambini è continuato senza alcun controllo.

A quanto sembra, nei reparti maternità degli ospedali e delle strutture private, ci sarebbe stata una rete ben organizzata dedita al rapimento e alla vendita dei bambini appena nati, e questo venne alla luce già nel 1981 quando la rivista Interviù scrisse di una clinica privata di Madrid, la San Ramòn, nella quale, così come riferito e documentato dal fotografo che realizzò il servizio, tale Germán Gallego, i “rapimenti” erano all’ordine del giorno.

Un’infermiera di questa clinica raccontò al cronista che in un frigorifero tenevano due bambini (evidentemente uno maschio e una femmina) che mostravano alle puerpere per far credere loro che i neonati fossero morti.

Sempre secondo la confessione di questa infermiera il traffico di bambini, in questa clinica, era organizzato da suor María Gómez Valbuena con la complicità di Eduardo Vela, il medico che aveva consigliato di tenere nel congelatore i neonati morti per provare l’avvenuto decesso. Sembra che grazie all’organizzazione di questa “religiosa” immonda siano spariti circa 3 mila neonati in tre cliniche private presso le quali lei prestava servizio:

  • San Ramón,
  • Santa Cristina
  • La Milagrosa.

La prima a denunciare la Valbuena fu, nel 2011, Maria Loisa Torres, una madre fortunata per aver ritrovato la figlia rapita lo stesso giorno della sua nascita. Queste le sue parole: “La mia storia comincia quando ero incinta di cinque mesi. Quella suora diceva di aiutare madri con problemi di lavoro, che non avevano un asilo o un collegio dove lasciare i figli. Quando andai a trovarla in clinica, la suora mi diede un biglietto e mi disse: ‘Il giorno in cui dovrai partorire, entra con questo biglietto, da questo ingresso’. Mi portò fuori e me lo fece vedere, era molto vicino a quello principale, una porta nera e piccola. Arrivò quel giorno. Era il 31 marzo del 1982. Mi fecero entrare in una stanza molto grande, mi misero una mascherina e quando mi svegliai dall’anestesia, ai piedi del letto c’era suor María. Le chiesi: ‘Dov’è mia figlia?’. La suora mi disse: ‘Non hai mai avuto nessun bambino’. ‘Come, non ho avuto alcun bambino?’ obiettai. ‘Non hai mai avuto niente e non continuare a chiedere’ rispose. Cominciai a insultarla. Lei allora andò via e io le corsi dietro. Arrivai nel nido e vidi che le prime culle erano vuote, una sola era occupata ed era di fronte a me, con un cartellino dove c’era scritto: María. Era mia figlia , scuretta di pelle, con gli occhi azzurri. Mentre stavo concentrata a guardarla, qualcuno mi prese per il braccio con forza e mi spinse via”. E poi, emozionata e con le parole rotte dall’emozione, aggiunge: “Ventinove anni senza mia figlia, senza sapere dove stava, né con chi stava, sempre con la faccia di quella suora fissa nella mente. Quando la ritrovai, fu una gioia immensa! Fu grazie a suo padre adottivo Alejandro, e all’altra mia figlia, che ci riunimmo. Lui mi cercava attraverso la televisione, lei attraverso internet”.

Grazie alla denuncia di María Luisa è stato possibile risalire alla suora che però, il giorno prima della sua convocazione in tribunale, è “stranamente” morta.

Il medico senza scrupoli Eduardo Vela, il ginecologo suo complice, continua, invece, a esercitare la sua professione indisturbato. La domanda sorge spontanea: chi lo protegge?

Sconvolgente! Agghiacciante! Incredibile! Potrei continuare per ore con gli aggettivi per definire questa brutta storia.

È mai possibile che il giorno più bello di una mamma, quello in cui si diventa genitori, atteso per nove mesi vissuti con ansia e gioia allo stesso tempo, si trasformi in un incubo?

Come è possibile delinquere indisturbatamente per circa 50 anni senza che nessuno si sia mosso?

E ancora, è mai possibile che succeda questo proprio tramite le mani di una donna religiosa?

Chi proteggeva questo orrore? Perché?

Se fosse successo a me come avrei reagito?

Scusatemi, unimamme, ma sono talmente sconvolta dall’accaduto che non riesco a capacitarmene e neanche a commentare.

Voi cosa pensate di questo scempio?

Francesca Nicoletti

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