Quando si viene a conoscenza di storie come quelle narrate da Irina Popova, riguardanti minori coinvolti in situazioni di “degrado” il primo moto è quello di indignarsi, perfino giudicare o prendersela con i servizi sociali che dovrebbero tutelare bambini innocenti come la protagonista della storia che stiamo per narrarvi.
Raramente però qualcuno compie qualcosa di concreto per queste persone o prova a mettersi nei loro panni.
Nel suo libro: Another Family Irina ha cercato di mostrare con obiettività e partecipazione la situazione di questa famiglia atipica, ricevendo però numerose critiche.
Dopo aver ricevuto l’incarico di realizzare un servizio fotografico sui sentimenti, Irina Popova si è imbattuta per caso in Lilya, una giovane punk, e la sua figlioletta: Anfisa, fuori da un club underground.
Le due ragazze sono entrate subito in sintonia e poco dopo Irina ha scoperto di aver trovato soggetti perfetti per il suo esercizio.
Nelle settimane seguenti ha fotografato la vita quotidiana di Lilya, del suo compagno Pasha, padre di sua figlia e di Anfisa.
Il trantran di questo nucleo famigliare, come intuirete dalle immagini, non è affatto “tipico”, il terzetto infatti vive in un appartamento piccolissimo dove c’è sempre un via vai di gente, la musica rimbalza da una parete all’altra e gli adulti fanno comunemente uso di alcol e droga senza curarsi della presenza della piccola Anfisa.
Il lavoro di Irina, messo in mostra inizialmente in una galleria di San Pietroburgo, ha suscitato subito molto scalpore, soprattutto per il modo in cui gli adulti, sembravano trattare Anfisa.
“Il mio proposito era quello di parlare delle possibilità dell’amore ai margini della società. Speravo di suscitare più comprensione, di creare un ponte tra le persone e di focalizzare l’attenzione sul fatto che allevare un bimbo non sia un compito facile per nessuno“ ha dichiarato Irina, molto convinta.
In tanti invece hanno pensato che i genitori di Anfisa non fossero in grado di prendersi cura della piccola in modo adeguato.
Irina però sottolinea che la verità non è solo quella rappresentata in queste immagini, ma è sempre molto più complessa e sfaccettata di quanto ci immaginiamo.
Da questo reportage fotografico è stato poi tratto anche un libro che, come accennavamo riporta fedelmente tutto il materiale, fotografico e cartaceo, accumulato durante il lavoro di Irina, senza però la pretesa di fornire tutte le risposte o una chiave interpretativa univoca.
Con quest’ultima prova Irina spera di chiudere questo capitolo della sua storia e di andare avanti, come ha fatto la famiglia di Anfisa.
E voi Unimamme cosa ne pensate di queste immagini? Troppo crude?
In Italia probabilmente qualcuno sarebbe subito corso a chiamare i servizi sociali e non è detto che questo non sia successo.
L’autrice ci incita a non trarre conclusioni affrettate, ma è pur sempre un duro colpo vedere una bimba così piccola giocare pericolosamente e vivere in un ambiente poco sicuro.
Noi vi lasciamo con un altro servizio fotografico sull‘infanzia dei bimbi nel mondo.
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