Avete mai pensato che possa esistere una base biologica universale e innata nel linguaggio?
Una ricerca della Scuola internazionale superiore di Studi avanzati (Sissa) di Trieste ha dimostrato che già nei neonati ci sono preferenze per quanto riguarda il suono delle parole.
Lo studio è stato condotto in collaborazione con la Northeartern University di Boston e l‘azienda ospedaliera Santa Maria della Misericordia di Udine.
Ecco come si è svolta la loro indagine: Marina Nespor, neuroscienziata della Sissa che ha partecipato allo studio, racconta che per monitorare l’attività cerebrale dei bambini abbiamo utilizzato la spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso, una recente tecnica di analisi del cervello non invasiva:
Quindi alle parole preferiamo certe combinazioni di suoni.
La presenza di queste ricorrenze trasversali induce i linguisti a pensare che esistano, negli esseri umani, basi innate del linguaggio, a prescindere poi dalla lingua parlata.
Questo è quanto ha cercato di provare David Gomez, ricercatore della Sissa, nel suo studio sulle reazioni del cervello dei neonati.
“Se infatti è possibile mostrare che queste preferenze sono già presenti nei primi giorni di vita, quando il neonato ancora non parla e possiede una conoscenza linguistica plausibilmente molto limitata, allora possiamo pensare che esista una disposizione innata che favorisce certe parole rispetto ad altre“ dichiara Gomez.
Secondo Gomez quando veniamo al mondo già in grado di distinguere delle non parole, indipendentemente poi dalla lingua che si andrà a parlare.
Il dibattito tra chi appoggia le teorie di Gomez e chi invece ritiene che il linguaggio sia frutto dell’apprendimento è però ancora molto sentito nella comunità scientifica.
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