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L’infanzia non è una malattia: è giusto curare i bambini con i farmaci? -VIDEOv

Published by
Michele

Si è diffusa nella nostra cultura la convinzione che bambini eccessivamente irrequieti abbiano un problema, anzi, una vera e propria malattia.

Ma la sindrome da deficit di attenzione e iperattività o ADHD indica uno stato talmente comune che è difficile discriminare tra bambini vivaci e bambini che hanno davvero problemi.

Un articolo di Goodmenproject cerca di portare un punto di vista diverso, anche con l’aiuto di bellissimo un filmato:

Diagnosticare una malattia sulla base di checklist comportamentali è molto rischioso, specie quando una così larga fetta della popolazione infantile ricade all’interno.

Si stima che siano 20 milioni di bambini quelli a cui è stato diagnosticato un disturbo mentale tramite questi sistemi e a cui è stato prescritto un farmaco. In America il 20% dei bambini maschi è affetto da sindrome da deficit di attenzione e iperattività ed è costretto ad assumere potenti farmaci per “normalizzarsi”.

Questo forse è l’aspetto peggiore, somministrare farmaci che hanno un effetto a livello cerebrale ai bambini ha conseguenze sul loro normale sviluppo e non dovrebbe essere  fatto così alla leggera.

 

Esiste però anche un problema di lessico: molto spesso consideriamo il malato una persona disfunzionale, ma molti disturbi potrebbero essere assimilati a ruoli diversi: il confine è sottile. Un disturbo della condotta può dar vita a un rivoluzionario? Un bipolare a un artista? Eliminare certe caratteristiche da noi esseri umani può essere dannoso, più che positivo. Il confine tra malattia e individuo sano non è mai così netto.

L’educazione dei nostri figli non può essere eccessivamente basata sul controllo. Come ben sanno le nostre unimamme prima di ricorrere a un farmaco le strade da provare sono innumerevoli:

  • dieta,
  • attività sportiva,
  • contatto con la natura
  • espressività artistica.

I nostri bambini non vanno tranquillizzati, ma lasciati crescere più liberamente possibile.

E voi unigenitori siete d’accordo?

Michele

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