Ancora oggi si parla troppo poco di ciò che significa per dei genitori affrontare la perdita di un figlio appena nato.
Il parto è un’esperienza traumatica in ogni caso. Ma se le cose non vanno bene, se il feto nasce morto o il bambino muore subito dopo la nascita, il mondo attorno a una madre non ha più lo stesso colore e il lutto ha un peso profondo.
Bisogna che si parli di più di questo evento che può far parte della vita di una coppia ed acquisirne consapevolezza.
Prendendo spunto da uno studio pubblicato dalla BBC, che sottolinea i risultati di una ricerca condotta dalla Royal Society of Medicine, vi riportiamo l’esperienza di Claire Kerry ed il suo compagno.
La storia di Claire infatti è rappresentativa di quella dei molti genitori intervenuti all’Oxford University’s National Perinatal Epidemiology Unit, osservatorio che in Inghilterra ha raccolto le esperienze di assistenza di maternità di 720 donne dopo un lutto perinatale.
Claire e il marito hanno perso la loro bambina durante il parto. Il cordone ombelicale l’ha soffocata. Appena 10 minuti prima avevano potuto ascoltare il battito del suo cuoricino, ma Esther alla fine non è riuscita più a respirare.
“Abbiamo sentito il suo battito cardiaco soli 10 minuti prima. Era una sana, forte bambina di otto libra tre once, lei era bellissima“, dice Claire.
Ad un successivo controllo medico, poche settimane dopo aver perso Esther, Claire e il marito sono stati fatti sedere in una sala d’attesa insieme a tante altre mamme. Nessuno dei medici che hanno incontrato era stato presente alla nascita di Esther ed alla fine hanno detto che la morte della piccola rappresentava una delle possibilità statistiche che possono realizzarsi durante il parto. Insomma, che “può capitare“.
“Non è stato affatto piacevole. Ci siamo sentiti così impotenti. Eravamo ancora sbalorditi e scioccati da quello che era successo” ha detto Claire.
Sono tornati a casa, con alcuni volantini da leggere una messaggio lasciato in segreteria dal medico che chiedeva se avessero bisogno di qualcosa.
Subito dopo Claire è caduta in depressione, ed ha cominciato a perdere peso.
Amici e parenti semplicemente non sapevano cosa dire. Solo con l’aiuto della psicoterapia la donna si è ripresa.
L’esempio di Claire, ci fa capire meglio le conclusioni che i medici partecipanti a questo osservatorio hanno avanzato riguardo al difficile tema.
“I genitori hanno bisogno di sentire che c’è qualcuno che può parlare, che ascoltare le loro ansie prima e durante il travaglio ” sostiene la dottoressa Janet Scott.
Il sondaggio ha infatti rivelato che:
La morte e il lutto sono una condizione molto difficile per i giovani genitori. Le speranze per il futuro vengono infrante e lo shock è enorme. L’impatto di questo shock può essere di lunga durata.
Il sostegno a queste coppie non deve fermarsi quando i genitori lasciano l’ospedale ma deve essere di lungo periodo. Dovrebbero sentire che le preoccupazioni che li assalgono sono legittime e naturali, tutt’altro che banali.
I risultati sul livello di assistenza della sanità inglese sono stati buoni, ma riflettono anche come in questi casi a fare davvero la differenza nelle cure prestate dai professionisti e dagli ospedali sono dovute alla sensibilità è l’approccio del personale.
E in Italia? Siamo sicuri esista un’attenzione specifica a queste situazioni?
Voi universomamme cosa pensate? Aiutateci a portare avanti questi argomenti così poco discussi. Raccontateci le vostre esperienze e i vostri punti di vista.
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