L’acidità infatti non colpisce solo le donne in gravidanza, ma anche i neonati. Si tratta di un passaggio involontario di materiale gastrico nell’esofago, determinato dal rilassamento di un anello muscolare che si chiude quando lo stomaco si contrae dopo il pasto. Se appunto l’anello non si chiude, il cibo ingerito ritorna indietro. I bambini, soprattutto se appena nati, possono normalmente soffrirne; esistono però due forme:
Ecco i segnali di un possibile reflusso:
Oltre ai suddetti sintomi (tipici), ve ne possono essere altri, alcuni dei quali collegati a patologie respiratorie: asma bronchiale e laringospasmo, per i quali il reflusso può essere concausa.
Un primo esame per determinare la presenza di reflusso è la pH-metria delle 24 ore: la registrazione cioè, per un periodo di 24 ore, del numero di episodi di reflusso gastroesofageo (definito come valore di pH esofageo <4), della loro eventuale correlazione con la posizione del bambino e con l’assunzione del cibo.
Altri esami, come la scintigrafia, endoscopia, esami radiologici e l’ecografia, sono da valutarsi anche in base all’età del bambino e alla gravità dei sintomi.
Diversi i possibili rimedi:
Unimamme, ci sembra di avervi detto tutto, se però volete approfondire e magari trovare un esperto, vi consigliamo caldamente di visitare il sito dell’ospedale Bambin Gesù.
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