Il giorno che ho smesso di dire “Fai in fretta!”: il racconto di una mamma

giorno in cui ho smessoCare unimamme, quali possono essere i nostri comportamenti che possono incidere negativamente sui figli?

Una mamma, Rachel Macy Stafford, educatrice specializzata e scrittrice, ha scoperto qualcosa che può riguardarci, e l’ha raccontato con tenerezza e verità.

Il giorno che ho smesso di dire “fai in fretta!”: una mamma racconta come ha imparato a non pressare i figli

Nelle nostre vite moderne e sfrenate ogni minuto conta. Abbiamo costantemente la sensazione di dover controllare la nostra “to do list” (cose da fare) e di dover fare in fretta ogni cosa per raggiungere la prossimo destinazione. I miei pensieri e le mie azioni erano regolati da notifiche elettroniche, da suonerie e da agende sovraccariche.

Sei anni fa la vita mi ha fatto un regalo, un’adorabile bambina appartenente al genere : “Prendo il mio tempo – nulla mi preme – mamma guarda i bellissimi fiori, vuoi sentire i loro profumo?”

Quando era l’ora di uscire in fretta da casa, prendeva tutto il tempo che le era necessario per scegliersi una borsetta, pettinarsi o scegliersi una acconciatura. Quando dovevamo andare da qualche parte in macchina, insisteva per prendere tutto il tempo che le era necessario per mettere per bene la cintura di sicurezza al suo peluche. Quando dovevamo mangiare in fretta, prendeva tutto il tempo necessario per conversare con la signora accanto a noi perché stranamente le ricordava la nonna.

Per la mia personalità, la mia bambina è stata una benedizione, ma non me ne rendevo conto. Quando si conduce una vita cosi frenetica, si ha una visione molto limitata, rivolta unicamente verso il futuro, e tutto ciò che non appartiene alla “to do list”, ci sembra superfluo ed inutile.

Quando mia figlia mi ‘’obbligava’’ a cambiare la mia agenda, tra me e me, mi dicevo: “non abbiamo tempo da perdere per queste futilità”. Presi poi coscienza che le poche parola che più frequentemente le rivolgevo erano: “fai in fretta!”. Cominciavo o finivo sempre le mie frasi con queste sole parole. Anche se, pronunciando costantemente queste parole non rendevo ovviamente più rapida l’esecuzione dei “compiti” da fare, insistevo nel pronunciarle.

La verità può fare male, ma la verità guarisce, anche…e mi avvicina alla mamma che vorrei essere.

Quando un giorno tutto è cambiato. Eravamo appena andate a prendere la più grande all’asilo nido e mentre scendevamo dalla macchina, la maggiore delle due, trovando che la sorellina fosse eccessivamente lenta le disse: “sei talmente lenta…”. A queste parole, la più piccola incrociò le braccia, abbassò il mento e sospirò con una tale esasperazione da spezzarmi il cuore. Presi allora coscienza delle conseguenze del mio comportamento: ero un tiranno, che spintonava costantemente una bambina, che aveva come unico desiderio, quello di prendere il tempo di amare la vita.

 Mi resi conto sino a che punto i ritmi frenetici della mia vita erano nefasti per me ma soprattutto per le mie due figlie. Ho allora rivolto il mio sguardo alla maggiore, e con voce tremolante, le ho detto: “Ti chiedo scusa per averti, sino ad oggi, costantemente pressata. Amo quando prendi il tuo tempo e voglio imparare ad essere, sempre più come te”. A queste parole furono entrambe molto sorprese, ma la più piccola aveva in più un’aria profondamente soddisfatta, compiaciuta, come quando si dà ragione a qualcuno. “Ti prometto che da oggi sarò più paziente” dissi, stringendola forte nelle mie braccia. Erano entrambe letteralmente radiose alla semplice idea di queste promesse.

Depennare dal mio vocabolario la parola “Fai in fretta” non fu difficile, ma ciò che fu invece molto più difficile, fu avere la pazienza che avevo promesso. Per aiutare entrambe, ho cominciato a concedere loro più tempo per prepararsi quando dovevamo ad esempio uscire per un appuntamento. Durante quei momenti mi rassicuravo dicendomi che sarebbe ancora durato per pochi anni; il tempo per crescere ancora un po’. Quando mia figlia ed io passeggiavamo o andavamo per negozi, la lasciavo libera di dettare il passo, e quando si fermava ad ammirare qualche cosa, zittivo tutte le voci nella mia testa che mi ricordavano le cose da fare della mia agenda per apprezzare quegli istanti unici. Vedevo sul suo dolcissimo viso espressioni che scoprivo per la prima volta. Mi innamoravo delle fossette sulle sue piccole mani paffute o di come strizzava gli occhi quando sorrideva.

Ho preso coscienza di quanto tempo le persone dedicavano per rispondergli quando venivano interpellate. Ho scoperto il suo talento per l’osservazione mentre si soffermava ad osservare fiori ed insetti. Era una osservatrice e presto ho capito il valore degli osservatori che sono persone rare e preziose. E cosi che ho scoperto quanto mia figlia fosse una benedizione per il mio temperamento frenetico.

Sono ormai passati tre anni dal giorno in cui ho fatto la promessa di rallentare il ritmo e di non dare più peso alle cose realmente futili ma di concentrarmi sulle cose che contano realmente. Nessuna esitazione, tuttavia vivere a velocità “v minuscola” mi richiede ancora uno sforzo in ogni istante. E’ la maggiore che quotidianamente mi rammenta di non perdere di vista l’obiettivo. Nel corso delle nostre vacanze, dopo una passeggiata in bicicletta, eravamo andate a leccarci i baffi con una bella granita. Dopo aver pagato ci siamo accomodate al tavolo di una zona pic-nic. Guardava compiaciuta la montagna di ghiaccio e sciroppo davanti a sé, poi mi guardò e con lo sguardo angosciato mi chiese:

“Mamma…devo fare in fretta?”

Sono quasi scoppiata a piangere. Era chiaro per me: le cicatrici di una vita sfrenata sfumavano sì, ma non sparivano del tutto. Mentre aspettava la mia risposta mi resi conto di dover fare una scelta: deprimermi pensando a quanto volte , sino ad oggi, l’avevo pressata…oppure potevo gioire perché ormai facevo le cose diversamente. “Amore mio, non devi andare di fretta. Prendi il tuo tempo” risposi dolcemente. Il suo viso si era allora illuminato e le sue spalle, dal sollievo, si erano rilassate. Ci mettemmo una accanto all’altra e parlammo di cose di cui parlano le piccole suonatrice di ukulele di 6 anni. Approfittammo anche di lunghi silenzi durante i quali ammiravamo il paesaggio e ci sorridevamo. Ero certa che avrebbe divorato interamente la sua granita ma, arrivata all’ultimo boccone, me lo ha avvicinato dicendomi compiaciuta: “ho lasciato l’ultimo boccone solo per te, mamma”.

Mai avrei pensato che del semplice ghiaccio potesse essere cosi squisito. Mi resi conto allora di aver concluso l’affare del secolo.

Le avevo lasciato del tempo e lei in cambio mi dette l’ultimo boccone della sua merenda. Cosi facendo mi ha rammentato che, dedicando del tempo alle cose, fiorisce l’amore e le stesse acquisiscono sempre un sapore migliore.

Prendere il tempo di assaporare le piccole gioie del quotidiano, è l’unico modo per vivere pienamente la vita e, credetemi perché ho imparato la lezione dall’esperta mondiale nell’ambito del gioire pienamente della vita!”

E voi unimamme, vi trovate troppo spesso di fronte a questo dilemma: scegliere tra la consueta corsa contro il tempo o farci cullare dal ritmo dei vostri bambini?

E se si, quali compromessi siete riuscite a trovare?

Vi lasciamo con un’altra nociva abitudine e con gli effetti negativi delle urla in casa.

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