Vedere i nostri figli fallire l’accesso a un concorso, perdere una gara d’atletica o prendere un brutto voto provoca una reazione semplice e lineare: amarezza. È una reazione normale e comprensibile, forse anche radicata nel nostro codice genetico, che ci ricorda che l’essere umano ha sempre dovuto cercare di migliorarsi per sopravvivere.
Al giorno d’oggi però è il caso di analizzare con meno ansia evolutiva la questione, per non rischiare di mettere un eccesso di pressione sui nostri figli. Il loro successo rischia di diventare un tassello fondamentale e imprescindibile della loro e della nostra vita, probabilmente rovinandole entrambe.
Fin dalla nascita l’eccesso di protezione può isolare il bambino da esperienze formative come la paura o l’ansia, esperienze necessarie per la formazione di un individuo adulto in grado di affrontare la vita e le sue sfide. Per quanto riguarda il successo, le nuove generazioni si trovano a affrontare genitori molto più “affamati” al riguardo.
Il mondo è diventato iper-competitivo e i genitori di oggi sono allenati alla competizione da tutor, corsi di formazione, obiettivi aziendali, lezioni private e tutto questa conoscenza e cultura del vincere si riversa sui nostri figli.
Eppure anche il mondo aziendale sta rielaborando questo punto. La cultura del fallimento o perlomeno la sua celebrazione come esempio di rischio, di idea originale, sta prendendo piede e non è raro che imprenditori con esperienze di questo tipo alle spalle vengano chiamati in aziende più blasonate per reinventare e innovare. E questa può essere un’importante lezione anche per noi che siamo chiamati a fare i genitori.
Provare, tentare, rischiare. Sono tutte parti del successo. E il fallimento è una naturale e inevitabile parte di questo processo. La capacità di essere agili mentalmente viene strozzata da un imperativo comando che dice: “Devi avere successo”.
Fallire è sicuramente doloroso e vedere i nostri figli affrontare questo percorso può essere straziante. Eppure è da qui che si passa per crescere e formare adulti in grado di non abbattersi, di perseverare, capaci di inventare una strada per il successo (questa volta sì) senza che un imprevisto o un fallimento li costringano ad abbandonare sentendosi incapaci.
State accanto ai vostri figli nel momento più duro, ma non privateli di questa esperienza. Anzi, abbracciatela con loro. Non c’è nulla di cui vergognarsi nel fallire. Triste sarebbe se i nostri figli non avessero la forza per continuare a provare.
Queste le riflessioni di una madre, nonchè scrittrice, Wendy Sachs, ma che valgono sicuramente per tutti!
E voi unimamme, come vi immaginate veder “fallire” vostro figlio?
(Fonte: Cnn)
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