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Tutto quello che non si sa sui bambini fuori controllo, spiegato da una mamma

Published by
Michele

Spesso ci si trova a giudicare il comportamento di un bambino in un luogo pubblico, non conoscendolo affatto e non domandandosi perchè quel bambino si comporta così. E talvolta, non ci si ferma nel giudicare, si agisce, pensando anche di essere nel giusto, come nel caso del signore che di fronte a un capriccio di un bambino per una fetta di torta di mele, ha pensato di comprarle tutte prima che la madre del bimbo potesse comprarne una fetta al figlio.

Una mamma spiega qualcosa di importante sui bambini giudicati terribili”

Una blogger nonchè madre, Kristen Mae, ha quindi deciso di “spiegare” ,sull’ Huffington Postt,a noi “spettatori ignari” cosa può celarsi dietro un bambino giudicato “terribile“. Ecco un estratto del suo pensiero:

“L’hai visto nel ristorante dare fastidio a tutti gli altri commensali. A scuola hai sperato che tuo figlio non si sedesse vicino a lui e quando hai organizzato il compleanno non lo hai invitato. Durante le attività sportive è quello di cui ti chiedi “Perché i suoi genitori lo hanno portato?”e  nei negozi pensi sempre che i suoi genitori dovrebbero insegnargli a controllarsi.

Ma ecco tutto quello che non sai di lui:

Da quando ha 2 anni i suoi genitori hanno ricevuto commenti dalla scuola come “Durante l’ora di storia vostro figlio correva per la classe invece di stare seduto con gli altri” oppure “Vostro figlio oggi non ha combinato nulla”.

La madre ha condiviso a sua preoccupazione con i parenti e le amiche e ha ricevuto in cambio frasi come “Tutti i maschietti sono nervosi“; “È un comportamento normale per la sua età”; “È perché lui si annoia dato che è più intelligente”.

Durante la recita di classe è stato confinato nella parte lontana del palco per dare meno fastidio. I suoi genitori non sono riusciti nemmeno a fargli un video, ma d’altra parte lui invece di cantare saltava e faceva facce strane.

Quando ha detto la poesia di fine anno meglio di tutti gli altri sua madre non ha pianto d’orgoglio ma di sollievo.

Una volta all’asilo è stato minacciato di espulsione perché tirava il vestito a una bambina e lei ha gridato che le stava cercando di guardare sotto il vestito. La madre ha dovuto spiegargli che cosa sono le “parti private”, anche se lui non aveva idea che stesse facendo qualcosa di inappropriato.

I suoi genitori hanno letto decine di libri tra cui alcuni sul Deficit di Attenzione/Iperattività. Hanno un sistema di premi e una tabella di comportamento. Inoltre hanno un ambiente familiare amorevole e al tempo stesso disciplinato.

Quando quei genitori dicono che hanno scelto di non somministrare medicine a loro figlio e che per loro è lui è una benedizioni gli altri genitori che hanno usato le medicine con i loro figli pensano “Si credono meglio di noi?”.

Quando qualcuno invece risponde “Bravi perché dargli le medicine è come drogarli” la madre si segna mentalmente di non raccontare mai a quelle persone se mai decideranno di tentare anche quella strada.

Il padre di questo ragazzo continua a segnarlo a calcio perché è un grande amante del pallone e gli piacerebbe poterci giocare con lui e spera, anno dopo anno, che il figlio si sblocchi.

La madre ha potuto vedere quando il disturbo di suo figlio prende il sopravvento e una volta quando i suoi occhi erano lontani e lui sembrava lontano le ha dato un ceffone per farsi guardare e si è odiata per questo.

La madre continua a ricordarsi mentalmente che per un bambino con questo tipo di deficit un filo d’erba è importante quanto un pallone.

I genitori lottano giorno dopo giorno con la loro empatia e il bisogno che il figlio faccia parte della società.

E per ultima cosa: il bambino sa che è differente dagli altri. Odia il suo disturbo. Prega che un miracolo glielo porti via.

Per cui, la prossima volta che vediamo un bambino correre selvaggiamente, pensate bene che forse esistono molte cose che non sapete di lui.”

E voi unimamme, dopo aver letto, cosa ne pensate? Vi è capitato? Vi sentite rappresentate?

Noi vi invitiamo a leggere alcune riflessioni su come l‘infanzia non debba essere vissuta come una malattia.

Michele

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