Care unimamme, a volte la vita è assolutamente imprevedibile e per far fronte alle emergenze ciascuno tira fuori un coraggio che mai avrebbe potuto sospettare di avere in sé.
La storia che vi raccontiamo oggi è quella di una mamma messicana che nel 2000 ha praticato un taglio cesareo su se stessa per dare alla luce il figlio riuscendo a sopravvivere.
Se ne parla anche sul prestigioso Journal of Gynecology and Obstetrics da parte dei ginecologi che aiutarono la donna protagonista: Inés Ramírez Pérez nei momenti successivi al parto.
Il suo caso, analizzato nel dettaglio nello studio: il taglio cesareo autoinflitto con la sopravvivenza materna e fetale, ha reso la donna molto famosa e la sua storia ogni tanto riaffiora sul web, citata come caso eccezionale.
Al momento della straordinaria vicenda, Inés aveva 40 anni e aveva già partorito 8 figli, 7 dei quali viventi.
Quando è iniziato il travaglio lei si trovava nel suo villaggio a Rio Talea, nel Sud del Messico e l’ostetrica più vicina era molto lontana. Il marito non poteva assisterla e il precedente aborto al settimo mese le avevano instillato il presentimento che anche questo parto sarebbe potuto finire male.
Così, dopo 12 ore di travaglio, Inés, nel timore di vedere morire anche il suo ultimo bambino ha bevuto 2 belle tazze di mezcal, il forte liquore messicano e, con un coltello lungo 15 centimetri ha praticato un’incisione di 17 centimetri sul proprio addome.
In seguito la donna ha raccontato ai giornalisti il suo terrore che anche all’ultimo figlio accadesse quello che era successo al precedente.
“Avevo avuto 7 bambini prima di Orlando tutti nati sani, ma l’ultimo è morto. Quando le acque mi si sono rotte ho capito che avevo bisogno di aiuto, ma erano tutti lontani, anche l’ospedale. Ho sentito il bambino lottare e poi smettere di muoversi. Sapevo di doverlo estrarre in qualche modo” così Inés ha spiegato la sua decisione.
Naturalmente quando è uscito l’articolo del dottor Rafael Valle della Nortwestern University di Chicago dedicato al caso di Inés la comunità medica ha risposto con scetticismo. Il dottor Honorio Galván, presente all’arrivo di Inés in ospedale ha potuto però testimoniare la veridicità della storia che la donna ha raccontato diverse volte con gli stessi particolari.
“Quando ho cominciato a tagliare il sangue è uscito come una fontana” ha dichiarato la donna. Dopo aver spostato i propri organi Inés ha tirato fuori il figlio e ha tagliato il cordone ombelicale. Dopodiché li ha risistemati meglio che ha potuto.
“A quel punto però non ce l’ho fatta più dal dolore e ho pensato che se mio figlio doveva morire avrei fatto altrettanto. Ho creduto però che Dio ci avrebbe salvato” ha riferito Inés. Nel frattempo il figlio maggiore, inviato a chiedere aiuto, è tornato con due operatori che l’hanno ricucita e l’hanno portandola di corsa all’ospedale che distava però 8 ore.
Il dottor Galván ricorda di essere rimasto molto stupito da quella paziente con ferite chirurgiche auto inflitte. Inoltre non c’era sepsi né sanguinamento interno. Era incredibile però che Inés fosse riuscita a rimanere cosciente per tutto il tempo necessario a operarsi e salvare il figlio.
Il dottor Jesus Guzman in seguito ha rioperato Inés accorgendosi che l’utero era tornato al suo posto. Secondo Galván Inés era riuscita a salvarsi mettendosi nella posizione che si chiama di nascita indiana con l’utero che si trova proprio sotto la pelle, rendendo così meno pericoloso il taglio di organi vitali.
Successivamente in ospedale le praticarono una laparatomia e le fu suturato l’utero. Dopo 10 giorni lei e il suo bambino poterono lasciare l’ospedale in buona salute.
Naturalmente il caso Inés Ramírez Pérez è stato molto dibattuto, anche dal punto di vista emotivo, analizzando cosa ha potuto spingere una donna a compiere un atto così drastico sulla propria persona.
Gli autori attribuiscono l’estremo atto di coraggio di questa mamma al suo istinto materno che, in nome della conservazione della prole, può spingere una donna a mettere a repentaglio anche la sua stessa vita.
D’altra parte è innegabile che se Inés avesse avuto a disposizione cure e assistenza adeguate non sarebbe mai dovuta arrivare a simili estremi. I ricercatori quindi non possono che raccomandare, alla nazione in cui si è compiuta questa vicenda, di lavorare per garantire i servizi necessari per le donne incinte.
Care unimamme questa storia ci lascia letteralmente a bocca aperta come quella di Lina Medina, la più giovane partoriente della storia.
Il caso di Inés dimostra tutto il coraggio delle mamme che farebbero letteralmente qualsiasi cosa per proteggere i propri piccoli.
E voi cosa ne pensate della scelta veramente estrema di Inés?
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