Iniziata la scuola e riaperti gli asili nido e le scuole materne, i genitori si sono trovate ad affrontare la pratica dell’inserimento, più recentemente ribattezzata “ambientamento“.
Come moltissime di voi sanno, l’ambientamento è obbligatorio da parte dei genitori e prevede la loro presenza in aula per i primi periodi di asilo e materna per almeno due ore al giorno.
Nulla di male, e nulla contro un modo sicuramente importante per evitare che il cambiamento ed il passaggio famiglia-scuola crei traumi ai bimbi, ma a quanto emerge dalla dilagante protesta on line, secondo i genitori, un po’ di buon senso non guasterebbe di certo a rendere più facile anche la vita di padri e madri che arrivano ad essere costretti a dover prendere a fatica ferie e permessi per poter restare con i figli.
“Per me è già il sesto giorno, non ne posso più, ho finito le ore di permesso” – dice una mamma.
Più che protesta, appare stridente necessità rendere più snelle e forse anche meno lunghe quelle due eterne settimane che segnano questo passaggio di inizio anno.
Più di uno i motivi concreti che rendono insostenibile l’equilibrio dei tempi famiglia – lavoro:
E c’è chi sostiene che sia necessaria una certa malleabilità in merito. Ci sono bambini che si ambientano subito e non vedono l’ora di restare soli con i compagnetti, altri che hanno bisogno di maggiore sostegno, ma c’è anche chi dopo due settimane di “scuola” con mamma comincia a considerare la cosa normale e pensa che restare da soli dopo un certo periodo sia una cattiveria di mamma che non vuole più andare a scuola insieme.
Insomma, molteplici sono i casi raccontati fatto sta che le norme sull’ambientamento sono inserite nei regolamenti delle singole città per i nidi e materne comunali, e spesso anche in quelli delle singole statali o paritarie; modulare periodo di presenza di un genitore spetta al “buon senso” di dirigenti e maestre.
Ed anche le mamme si appellano ormai al “buon senso” e avanza il sentimento di frustrazione e difficoltà per una evoluzione educativa che mal si concilia al welfare statico o che di certo non contempla queste variabili della vita di un genitore.
“I bambini hanno diritto a essere accompagnati nei primi momenti, e i genitori hanno diritto di vedere in che modo saranno accuditi. Ma bisogna evitare che questo diventi una discriminazione, penalizzando chi fa più fatica a assentarsi dal lavoro” – questa la frase che possiamo di re riassuma diversi mal di pancia.
Il fenomeno comunque pare essere esclusivamente italiano, visto che in paesi come Francia e Gran Bretagna l”inserimento si salta del tutto, mentre in alcuni stati lo si fa solo per qualche giorno.
Chiudiamo con la considerazione che Daniela Del Boca, docente di economia politica al Carlo Alberto di Torino, ha rilasciato durante l’intervista sul tema rilasciata al quotidiano Repubblica. “In Italia, l’idea corrente è che almeno per il primo anno di vita il bambino stia bene solo con la mamma, o tutt’al più con i nonni, e comunque nei suoi spazi privati e protetti“. E la domanda da potersi porre dopo questa dichiarazione è: ” Bamboccioni si cresce?”
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