Unimamme, solo qualche tempo fa da noi aveva avuto molto successo uno show: Hotel 6 stelle in cui giovani ragazzi con la Sindrome di Down si mettevano alla prova cimentandosi con successo in un’attività lavorativa.
A cementare ulteriormente l’idea che queste persone siano in grado di integrarsi nella società arriva anche la storia della stimata attrice inglese Sarah Gordy.
Lei stessa si definisce “una persona normale che vive una vita ordinaria che recita, danza, ha gli occhi verdi e la Sindrome di Down. Sono diversa e questo è un bene“.
Sua madre Jane, che è anche manager e assistente personale della figlia aggiunge “mia figlia non è la Sindrome di Down di professione”.
Sarah, con le sue innumerevoli attività dimostra che anche le persone con questa sindrome possono avere una vita ricca e interessante.
Il capo esecutivo di Mencap, sssociazione inglese che aiuta le persone con disabilità, dichiara: “troppo spesso la società sceglie di discutere delle barriere piuttosto che delle opportunità per le persone che hanno problemi di apprendimento, troppo a lungo attori con disabilità hanno lottato per poter accedere a ruoli che non avessero nulla a che fare con essa”.
Sarah, che di recente ha partecipato allo spettacolo teatrale Coccodrilli ed è apparsa su piccolo schermo nella serie tv: Call the Midwife, è in grado di interpretare innumerevoli personaggi. In Coccodrilli, per esempio, Sarah ha ricevuto lo stesso trattamento degli altri attori, senza favoritismi di sorta solo per il fatto di essere disabile.
Il suo ruolo in questo show richiedeva veri combattimenti, discorsi molto veloci, dover tener conto di complicati interventi degli altri attori e Sarah si è preparata leggendo il copione molte volte ed esplorando a fondo il suo personaggio.
La madre della giovane assicura che la figlia “vive” qualsiasi personaggio un po’ come il famoso metodo da Actor’s Studio e che per concentrarsi le basta chiudere gli occhi per un momento per poi parlare e agire diversamente.
Oltre a recitare, Sarah è attiva anche nella sua comunità partecipando all’Associazione Oyster Project, un gruppo di volontari guidati da persone con disabilità.
Le arti sono più inclusive di altri territori quando si parla di disabilità, come riferisce la madre di Sarah: “le arti sono più aperte, cerchiamo qualcosa di diverso, di interessante da offrire al pubblico. Inoltre i datori di lavoro non devono lasciarsi sfuggire tratti come affidabilità, onestà, accuratezza, tipici delle persone con disabilità”.
L’esempio della figlia di Jane non potrà che far bene a tutte quelle famiglie in attesa di un figlio con la Sindrome di Down e che magari vivono uno stadio di ansia per il loro futuro.
E voi Unimamme cosa ne pensate di questa storia?
Dite la vostra se vi va.
(Fonte: The Guardian)
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