Decalogo della punteggiatura
1. – Io sono la punteggiatura, prezioso strumento tuo. Non avrai altro segno all’infuori di me per orientare il tuo testo di lettere e di parole così che possa comunicare in modo chiaro le sue informazioni (descrivere a un paziente la posologia di un farmaco; spiegare a chi ha acquistato una libreria come si monta; ecc.); o che possa esprimere tutto il suo potenziale di bellezza (e questo succede nel miracolo della letteratura).
2. – Non pronunciare invano il nome della pausa che è foriera di indicazioni fuorvianti sulla punteggiatura. I punti e le virgole (e tanto più le virgolette o l’asterisco) sono strumenti dello scritto che non c’entrano niente col parlato e le pause della respirazione; e invece condizionano i significati, orientando il testo logicamente e sintatticamente (altrimenti «Sono vivo e vegeto» e «Sono vivo. E vegeto» – come ha intuito Paolo Cananzi – vorrebbero dire la stessa cosa).
3. – Ricordati di santificare il punto e virgola: inseriscilo nei giusti contesti (e cioè in periodi complessi, in cui si resta sullo stesso argomento: dove quindi non è opportuno usare il punto; e dove però la virgola costituirebbe una barriera troppo esile per gestire il flusso delle informazioni); e colleziona tutti gli esempi che puoi – scovandoli in giornali e libri – per dimostrare a chi lo dà per spacciato che non solo non è morto ma che potrebbe godere di ottima salute, se solo ci si prendesse la cura di usarlo come in questo periodo lunghissimo.
4. – Onora il padre punto (che serve a chiudere il periodo segnalando un cambio d’argomento) e la madre virgola (che serve a legare tra loro frasi prive di congiunzioni, a separare i nomi negli elenchi, a creare incisi), senza i quali nessuna famiglia interpuntiva sarebbe stata mai possibile.
5. – Non uccidere il senso di un inciso dimenticando di chiuderlo e ricorda sempre che se apri una parentesi (ma lo stesso vale per le incidentali tracciate con la virgola o con la lineetta), poi la devi chiudere.
6. – Non commettere atti sintatticamente impuri – ma certe eccezioni d’autore sono accettabili perfino qui – separando con una virgola il soggetto dal suo predicato, il predicato dal suo complemento oggetto e il verbo essere dalla parte nominale.
7. – Non rubare agli altri segni il loro ruolo. Lascia che il punto svolga la sua funzione (la conosci già dal punto 4) e non usarlo mai al posto della virgola o di altre segni (a meno che tu non voglia imprimere un ritmo serrato al tuo testo per ragioni espressive), a tutto vantaggio della comprensione complessiva di ciò che hai scritto.
8. – Non pronunciare falsa testimonianza sull’importanza della punteggiatura (per troppo tempo considerata un elemento marginale della lingua) e ricorda che – come ha scritto Isaak Babel’ – «Non c’è ferro che possa trafiggere il cuore con più forza di un punto messo al posto giusto».
9. – Non desiderare i punti degli altri (come quello esclamativo e quello interrogativo capovolti dello spagnolo all’inizio di frasi esclamative e interrogative), e fidati di quelli italiani. Ricordati però di usarli tutti, ognuno per quello che serve e vedrai che non sentirai l’esigenza di altro.
10. – Non desiderare la dogmaticità dell’altro decalogo. Anche quello, del resto, prevede il libero arbitrio. Nel caso del nostro, tuttavia, se decidi consapevolmente di disattenderne le prescrizioni (magari per ragioni espressive in un contesto informale o letterario), non sarai costretto a nessun atto di dolore. Non esiste inferno nel paradiso della consapevolezza linguistica.
E voi unimamme cosa ne pensate dello scarso interesse dei nostri figli nei confronti della nostra bella lingua italiana? Gli mostrerete questo decalogo serio, ma al contempo ironico, sul corretto uso della punteggiatura? Noi speriamo di si!
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