Mamme, vi siete mai chieste perché la gestazione negli essere umani duri proprio nove mesi? Finora si era attribuito questo periodo di gestazione alle limitate dimensioni del bacino, ma una nuova ricerca getta nuova luce su questo argomento e potrebbe cambiare le nostre convinzioni.
Partiamo da una premessa: quando un neonato viene alla luce dipende in tutto da chi si prende cura di lui. Se confrontiamo questa condizione con altri primati vediamo che il neonato umano è particolarmente indifeso perché il cervello è ancora poco sviluppato. Pensate che per raggiungere uno sviluppo neurologico e cognitivo simile a quello di un neonato scimpanzè, un feto umano avrebbe bisogno dai 18 ai 21 mesi di gestazione.
La spiegazione scientifica classica dei 9 mesi di gestazione, come si legge su Le Scienze, sostiene che la selezione naturale abbia fatto in modo che i bambini nascessero in una fase ancora iniziale del loro sviluppo per far conciliare il cervello umano (di grandi dimensioni rispetto agli altri primati) e la postura verticale tipica dell’uomo. Dunque nel corso del tempo l’adattamento alla locomozione bipede avrebbe limitato la larghezza del canale del parto e di conseguenza le dimensioni dei feti.
Queste teorie hanno iniziato a scricchiolare quando i ricercatori capitanati dalla dottoressa Holly M. Dunsworth dell’Università di Rhode Island hanno intuito che l‘espansione del cervello del feto non sarebbe limitata dalle dimensioni del bacino materno, ma da qualche altro fattore come per esempio il tasso metabolico della mamma. Detto in parole più chiare c‘è un limite di calorie che il metabolismo di una madre può spendere per far crescere il feto al proprio interno. Dunque c’è un limite anche a quanto un feto possa crescere e diventare energicamente dispendioso per la madre. Raggiunto quel limite il bambino deve uscire dal grembo materno.
Gli studiosi, basandosi sulla teoria del crossover metabolico, hanno dunque capito che dopo nove mesi circa le esigenze metaboliche di un feto umano minacciano di superare la capacità della madre di soddisfare sia il proprio fabbisogno energetico sia quello del bambino, e quindi avviene il parto.
Insomma, unimamme, una nuova conferma alla “perfezione” della natura umana, non trovate?
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