“Un uomo che ci mena non ci ama. Mettiamocelo in testa. Salviamolo nell’hard disk. Vogliamo credere che ci ami? Bene. Allora ci ama male. Non è questo l’amore. Un uomo che ci picchia è uno stronzo. Sempre. E dobbiamo capirlo subito. Al primo schiaffo. Perché tanto arriverà anche il secondo, e poi un terzo e un quarto. L’amore rende felici e riempie il cuore, non rompe costole e non lascia lividi sulla faccia. Pensiamo mica di avere sette vite come i gatti.? No. Ne abbiamo una sola. Non buttiamola via.”
Così diceva Luciana Littizzetto sul palco del Festival di Sanremo 2013 quando ha ottenuto consensi e applausi per il suo monologo contro la violenza sulle donne. Eppure tutto è rimasto come allora: le belle parole non sono state che righe su una pagina, consonanti e vocali sperdute nel vento. Sì, perché purtroppo non è cambiato nulla da un anno e mezzo a questa parte, anzi.
Secondo i dati Eures sul femminicidio in Italia, nel 2013 sono state ammazzate il 14% in più di donne rispetto solo al 2012. Non solo: quest’anno le donne vittime di omicidio sul totale sono state il numero maggiore da sempre, addirittura 35,7% (ossia 179 su 502).
Il 25 novembre è la “Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne“, ma perché questa celebrazione abbia un senso, le cose devono – DEVONO – cambiare. Non si può ricordarsi della stupidità dell’uomo, inteso come essere dotato di testicoli, solo una volta ogni 365 giorni. Perché sempre secondo Eures:
In famiglia, capite? Cioè per mano di chi dovrebbe proteggerti, ascoltarti, difendere. Lazio, Campania e Lombardia hanno il triste podio di queste morti.
Aumentati anche i “matricidi“, ossia l’uccisioni delle mamme: 23 le madri uccise nel 2013, pari al 18,9% dei femminicidi avvenuti in famiglia.
Perché è così difficile per gli uomini di oggi accettare che una compagna, una moglie o anche una figlia non siano di loro proprietà?
Perché non riescono a capire che anche se vengono lasciati perché la storia non funziona, pazienza, la vita va avanti?
Forse le donne di oggi ad un certo punto non intendono più sopportare in silenzio. Non dicono sempre “sì” per amore della famiglia. Decidono di essere indipendenti, senza nessuno. E allora forse ciò fa bollire il sangue, fa pensare: “senza di me tu non esisti”.
Sempre dai dati Eures emergono le principali ragioni di tanta violenza:
Per fortuna qualcuna sopravvive, come Lucia Annibali, l’avvocato di Pesaro sfregiata con l’acido per mano di un sicario mandato dall’ex fidanzato, la quale testimonia ogni giorno che non si è fatta sconfiggere da chi pensava l’avrebbe rovinata per sempre.
Cosa si può fare?
Sono diverse le iniziative previste per l’Italia, necessarie ad aumentare la consapevolezza e sensibilizzare l’opinione pubblica, ma oltre a questo bisogna intervenire sin da quando le figlie sono ancora bambine, affinché possano capire che la loro identità non dipende da chi le ama così male da picchiarle o ammazzarle. La giornalista Concita De Gregorio suggerisce su un articolo di Repubblica di comprare le nuove bambole che sono ora in commercio. Bambole normali, lontane dallo stereotipo della Barbie.
“Anche un giocattolo serve, in questa battaglia contro la paura di non essere “giuste”, di non somigliare a quello che dovresti essere. Per arrivare a dirsi, da grandi, che c’è un solo modo per cambiare un fidanzato violento: cambiare fidanzato”.
Certo è che necessaria anche una risposta istituzionale adeguata e tempestiva, cosa che purtroppo, almeno stando sempre ai dati Eures, ancora manca: ben il 51,9% delle donne poi vittime di omicidio avevano precedentemente denunciato episodi di violenza, ma questo non è bastato a salvarle… A volte in questi casi possono fare di piu’ alcune associazioni composte da privati cittadini che hanno davvero a cuore la sorte delle donne, e magari hanno avviato iniziative vincenti e che davvero salvano vite, un caso è Salvamamme con il progetto “Valigia di salvataggio”.
E voi unimamme, cose ne pensate?
(Fonte: Repubblica.it)
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