Da quando sono madre penso che potrò accompagnare mia figlia fino ad un certo punto. Sì, perché poi dovrà imparare a cavarsela da sola: speriamo solo che l’educazione che le daremo e le circostanze la possano aiutare a non cacciarsi nei guai. Purtroppo si tratta di variabili che non si possono prevedere: chi mi può dire che uscendo per strada Paola sarà sufficientemente al sicuro? Nessuno, eppure bisogna vivere.
Già essere nati in questa parte di universo è una fortuna: non lo dico per fare assurde divisioni tra Primo, Secondo e Terzo Mondo, ma perché accadono degli avvenimenti che lasciano pensare che anche il solo fatto di essere venuti alla luce nel posto “giusto” non sia poi così scontato. Uno dei posti dimenticati è il Darfur, una regione del Sudan, che dal 2003 è terreno di una pulizia etnica dei neri che non hanno origine araba da parte dei i Janjawid (i “demoni a cavallo”), miliziani arabi nomadi delle tribù Baggara. Proprio nei giorni scorsi è stata diffusa la notizia di un tremendo stupro di gruppo che ha coinvolto 210 donne, comprese – e questa è la cosa più tremenda – 8 bambine tra i 10 e i 13 anni.
Purtroppo il Darfur e ciò che vi succede sembra fare notizia solamente quando succedono delle tragedie inenarrabili, che coinvolgono donne innocenti e bambine ancor più innocenti.
L’assalto si è svolto nella notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre a Tabit, villaggio a 45 chilometri dalla capitale del Nord Darfur. A confermarlo è Italians for Darfur, l’associazione che da anni si batte per il paese, che ha riportato la notizia diffusa da una radio locale, Radio Dabanga, ed ha intervistato alcuni residenti di Tabit che hanno avuto il coraggio di ricordare quanto è accaduto.
Per cercare di accendere i riflettori su una delle zone più martoriate della terra, di cui però sembra non preoccuparsi nessuno, venerdì 28 novembre alle 10 ci sarà in piazza Montecitorio una protesta assieme ai profughi sudanesi che si sono visti deturpare la propria Patria, le proprie moglie e le proprie bambine.
Da quando è iniziata la pulizia etnica nel 2003 non esiste una conta ufficiale delle vittime, ma le associazioni umanitarie contano che siano più di 400mila. Nel blog dell’associazione si legge:
In un paese di 6 milioni di abitanti, dal 2003, anno in cui iniziò la guerra civile, si contano 400mila morti, più di 2 milioni di sfollati interni e 300mila rifugiati all’estero. In Darfur, oggi tutta la popolazione è divisa in sfollati, comunità di accoglienza e popolazioni rurali tagliate fuori dagli aiuti. Non ci sono alternative a queste tre categorie di vita. È una sorta di prigione a cielo aperto, perché è vietata la libertà di movimento al di fuori della propria area di insediamento.
Quanto bisogna aspettare ancora affinché questa situazione cambi? Gli uomini, le donne e le bambine uccise in Darfur hanno meno valore di chi è morto in altre zone del mondo?
Su Universomamma abbiamo piu’ volte ricordato la tragedia dei rifugiati, per lo piu’ bambini, “colpevoli” solo di essere nati in paesi oggetto di conflitti e guerre, come la Siria, e se questo può servire anche solo a sensibilizzare un poco, non smetteremo mai di farlo. Abbiamo spesso visto che anche i social network in questo possono aiutare, quindi non giriamoci dall’altra parte, ma almeno parliamone…
Sul sito di Italians for Darfur è anche possibile firmare una petizione che spinga RAI, Mediaset e La 7 a parlare maggiormente di quanto accade nel paese.
E voi unimamme cose ne pensate?
(Fonte: Repubblica.it)
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