Abbiamo di recente parlato di giovani e lavoro e scoperto quali sono le professioni di un domani che in realtà è già oggi. Ma la prospettiva dei giovani non è affatto rosea e come recita un libro del giornalista Giovanni Floris, tra nord e sud d’ Italia si fotografa una situazione da “separati in patria“.
Un profondo divario, è difatti messo recentemente nero su bianco dal rapporto Svimez – Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno:
E’ questo solo un piccolo scorcio dello specchio sconfortante che travolge in pieno il “capitale umano” della nazione, ed in particolare del Sud Italia.
Vengono definiti Neet – Not in Education, Employment or Training – secondo una categoria anglosassone che descrive l’esclusione dei giovani dai processi produttivi. Ragazzi istruiti e non che costituiscono un vero e proprio “esercito ” di capitale umano escluso dall’impiego. Ed é a loro che il rapporto Svimez si sofferma registrando:
Dati impressionanti che se sommati ad un approfondimento su “chi sono” descrivono una gravità della situazione senza pari:
Qual è il significato di questi numeri? Quale il loro impatto sociale?
Il rischio enorme per il Paese è quello di vedere disperso il lavoro e l’investimento nell’istruzione delle nuove generazioni e quindi dei pilastri della società del futuro. Una emorragia che non si arresta e che è strettamente causata da:
In conclusione un allontanamento dall’ET 2020, il quadro strategico per la cooperazione europea per il settore dell’istruzione, nel quale si fissa l’ obiettivo che l’82% dei giovani diplomati e laureati, tra i 20 e i 34 anni, trovino occupazione dopo non più di tre anni dal conseguimento del titolo.
Secondo il rapporto le cause di questo “disastro” annunciato sono:
In particolare, il crescente meccanismo di premialità attribuito annualmente sulla base di criteri ministeriali ha determinato in soli tre anni uno spostamento di impressionante di euro investiti nelle università dal sud al nord. Un colpo letale per le Università del meridione nel tentativo di riallinearsi agli standard internazionali.
Un circolo vizioso insomma, che preoccupa non solo gli analisti per il processo in atto di desertificazione di un’ampia regione del Paese, ma anche genitori, ragazzi, industriali e speriamo presto anche la politica chiamata a scelte di sinergia, di rete, e che guardino molto oltre i settori, mirando a un “sistema” che tenga “anche” conto del lungo termine.
Care Unimamme, voi cosa ne pensate? Cosa consigliereste ai vostri ragazzi?
(fonte: Corrieredellasera/ Svimez)
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