Care Unimamme, oggi affrontiamo un tema molto delicato e che risponde ad una domanda basilare sia per la scienza, che per la religione e l’etica: cosa è un embrione? Una sentenza europea, decisa dalla Corte di Giustizia in risposta al ricorso presentato da una multinazionale ha infatti affrontato uno spinoso aspetto di bioetica.
Una definizione che destinata a far scalpore e che ribalta in parte quanto stabilito tre anni fa, il 18 ottobre del 2011, dalla cosiddetta “sentenza Brustle“, a seguito della quale al ricercatore tedesco Oliver Brustle, docente di Neurobiologia ricostruttiva, era stato vietato di brevettare un metodo per curare la malattia di Parkinson utilizzando cellule staminali ricavate da un embrione umano e nello stadio di blastocisti (riscontrabile tra 5 e 14 giorni dopo la fecondazione). Un passaggio importante poiché la Corte aveva allora definito che:
“la nozione di embrione umano comprendeva gli ovuli umani non fecondati poiché tali ovuli erano tali da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano”
Conseguentemente a questo pronunciamento gli ovuli non erano quindi brevettabili, così come non poteva essere brevettato l’uso di cellule staminali embrionali per la ricerca scientifica, per motivi di “dignità umana”. Vediamo quindi cosa è cambiato.
La nuova decisione della Corte ha origine da una controversia che ha visto protagonisti la multinazionale International Stem Cell Corporation e l’Ufficio britannico dei brevetti. La multinazionale si era infatti vista rifiutare il brevetto relativo a un processo di produzione che includeva l’utilizzo di ovuli umani attivati mediante partenogenesi, ovvero in assenza di fecondazione dovuta a spermatozoi. Da qui il ricorso all’Alta Corte di Giustizia del Regno Unito, che ha poi chiesto il parere della Corte di Giustizia Ue per stabilire se la nozione di “embrione umano” includesse gli ovuli attivati mediante partenogenesi.
Secondo la nuova sentenza della Corte:
“un ovulo attivato per partenogenesi e che abbia iniziato un processo di sviluppo non va considerato come un embrione umano.”
I giudici europei hanno così stabilito che, per essere qualificato come embrione umano, un ovulo deve necessariamente avere la capacità di svilupparsi in essere umano, cosa che non può avvenire in assenza di spermatozoi. Dato che un organismo non in grado di svilupparsi non è un embrione umano è possibile richiederne un brevetto a fini industriali. Le conseguenze di questa definizione aprono quindi all’utilizzo di un ovulo non fecondato per finalità industriali, commerciali o per effettuare ricerche scientifiche.
Diversi i pareri e le reazioni a caldo che si sono susseguite nel giro di poche ore e se per qualcuno questo passaggio segna un passo avanti positivo, che permetterà eventuali maggiori investimenti in ricerca, per altri il pronunciamento della Corte di giustizia Ue rischia nella teoria di incrementare il commercio illegale di ovociti.
In ogni caso si tratta di certo di una sentenza storica e che avvicina la legislazione europea a quella dei paesi considerati scientificamente più avanzati. Diversi sono infatti i tavoli internazionali che stanno mettendo a punto i criteri migliori per valutare la sicurezza e l’efficacia delle terapie rigenerative, per malattie gravi quali il Parkinson o diabete. Adesso però sulla sentenza della Corte europea dovranno pronunciarsi i singoli Stati membri, chiamati a recepire quanto stabilito.
Care Unimamme, siete d’accordo? Credete questo sia un avanzamento o che queste scelte minano alla “dignità umana”?
(fonte: repubblica)
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