Unimamme, immaginereste mai che, con un sol colpo di spugna, 100 milioni di donne, l’equivalente della popolazione femminile di Francia, Italia e Germania, possano scomparire dalla faccia della Terra?
Perché questo è ciò che sta attualmente accadendo a causa degli aborti selettivi, con cui si prediligono i figli maschi a scapito delle bambine, perpetrati in alcune parti del mondo, in modo particolare in Cina e India, ma anche altrove.
Nell’arco di poco più di 50 anni il divario si è accentuato fino a livelli oramai drammatici.
L’aumento della popolazione maschile però presenta diverse cause e, nel corso degli anni, gli Stati hanno affrontato mutamenti sociali e culturali che hanno condotto alla realtà attuale.
Potremmo quindi riassumere il bilancio globale in questo modo:
Nel 1962, la situazione era la seguente:
Nel 2013 invece la situazione è cambiata:
Come potrete notare dai risultati la situazione è peggiorata per le donne, calcolando tutte le classi di età il divario tra uomini e donne si arriva a 60 milioni.
A influire su questo risultato, che comprende tutte le classi di età, sono molteplici fattori e se è vero che le donne sono più longeve, le condizioni di vita di queste ultime sono diverse a seconda del luogo di nascita, così pure a seconda della patria natia gli uomini muoiono combattendo, emigrano più spesso o adottano abitudini di vita malsane in maggior numero rispetto alle coetanee, a questo poi bisogna aggiungere il dramma dell‘aborto selettivo.
Nel grafico sottostante potete osservare la situazione di:
Confrontando la percentuale totale della popolazione femminile mondiale con l’andamento, nel corso degli anni, di questi Paesi si può notare come in tutti e 4 la presenza di donne sia sotto la media mondiale. In India e Cina questo fenomeno si è mantenuto più o meno costante dagli anni Sessanta a oggi, invece in Pakistan e Bangladesh si registrano mutamenti.
Come si evince dai dati raccolti da David Bauer su Quartz, a risaltare sono due Paesi in modo particolare:
entrambi questi Paesi sono tristemente famosi per gli aborti selettivi e l’infanticidio femminile infantile. Per fare qualche ulteriore esempio, nel 2013:
L’accessibilità di tecniche di diagnosi prenatale ha accentuato questa tendenza destinata ad aumentare ancora di più nel tempo. Nel 1994 per combattere la selezione del genere di nascita, l’India ha promulgato una legge per punire chi si macchia di questo reato, ma in sostanza è inefficace.
Alla pratica della selezione del genere di nascita, in queste zone, concorrono antichi retaggi culturali, come il passaggio del patrimonio al figlio maschio, la necessità di procurare una dote per la bambina ed altre cause purtroppo dure a morire, nonostante la modernizzazione.
Anzi, la Banca Mondiale della Sanità ha scoperto che le seconde o terze figlie di mamme indiane istruite hanno più del doppio delle probabilità di morire prima dei 5 anni dei fratelli maschi, perché le conoscenze acquisite con l’istruzione non vengono deliberatamente utilizzare per aiutare le piccole.
Dal canto suo la Cina, nel 2013 ha allentato la politica del figlio unico, ma la situazione rimane molto grave, come si legge su Quartz.
Qui, ogni anno mancano 100 milioni di bambine, tanto che ormai il divario è di 120 ragazzi contro 100 ragazze.
L’ Academy of Social Sciences cinese ha rilevato, come riporta il The Economist, che entro il 2020 un uomo di origine cinese su 5 non sarà in grado di trovare una sposa a causa della scarsità di donne nel proprio Paese, un evento mai avvenuto prima in uno Stato in pace. La Cina si troverà nell’incredibile situazione di avere l’equivalente dell’intera popolazione giovanile americana, oppure l’equivalente del doppio della popolazione giovanile dei tre Paesi più grandi d’Europa con poche prospettive di matrimonio.
Naturalmente non si tratta solo di un discorso inerente il matrimonio, così come Cina e India non sono gli unici Stati a praticare l’aborto selettivo, come accennato in precedenza e non si può attribuire la discriminazione perpetrata ai danni delle bambine solo all’imposizione della legge del figlio unico, come si legge su The Economist.
Altri Paesi come:
presentano un’elevata percentuale maschile, così come gli ex paesi Comunisti del Caucaso e nei Balcani Occidentali.
Secondo il demografo Nick Eberstadt, esperto dell’American Enterprise Institute a Washington DC, non è la politica particolare di un Paese a causare il genocidio nei confronti delle bambine, ma la fatale collisione tra:
Si tratta, purtroppo, di tendenze globali e, come tale, è anche la distruzione selettiva delle bambine.
Tornando un momento al grafico in questione si può evidenziare anche un cambiamento nell’atteggiamento nei confronti dell’aborto selettivo perpetuato in Pakistan. Nel 1961 questo era il Paese più sbilanciato dei 4, ora un’ottica sensibilmente più positiva nei riguardi della nascita di figlie femmine ha consentito una maggiore equità.
Un’altra situazione che desta preoccupazione è quella della Penisola Arabica, in cui la percentuale di popolazione femminile è sotto la media mondiale. Anzi si può dire, in generale, leggendo il grafico, che la percentuale di donne era maggiore negli anni Sessanta. Gli andamenti però sono molto altalenanti, come si legge su Corriere.it
I Paesi considerati sono:
Il Qatar presenta la situazione più critica, meno di 1/4 delle persone che vivono qui sono donne. La situazione è andata via via peggiorando fino a toccare il 23% di donne negli ultimi anni.
La religione islamica frena la selezione del sesso prima della nascita, ma nel loro caso sono gli immigrati uomini che lavorano nel settore del petrolio a determinare lo squilibrio, perché milioni di uomini asiatici emigrano nei Paesi Arabi per lavoro.
I Paesi dell’Est Europa offrono a loro volta una realtà completamente diversa da quella delle regioni finora analizzate.
Qui l’aspettativa di vita degli uomini è molto breve a causa dell’alto tasso di morti causate dall’alcol. La Russia, per esempio, attualmente, ha più del doppio di donne sopra i 65 anni rispetto ai coetanei uomini. Secondo i dati dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) qui le donne vivono ben 12 anni in più dei compagni e mariti. Gli altri Paesi dell’Est:
soprattutto negli ultimi decenni presentano una situazione simile a quella russa rendendo quindi queste zone ad alta percentuale femminile.
In modo particolare la dissoluzione dell’Unione Sovietica negli anni Novanta, ha sancito uno spartiacque nell’aspettativa di vita degli uomini che da allora è diminuita di 6 anni e di 3 per le donne.
Guerre civili, tra diverse nazioni, incidono, come altri fattori, sull’equilibro tra maschi e femmine nei Paesi che sono stati teatro di questi gravi conflitti.
Prendiamo per esempio, come mostra il grafico:
la guerra tra Iraq e Iran negli anni Ottanta e il genocidio in Rwanda nel 1994 hanno lasciato questi Paesi con una popolazione femminile significativamente maggiore di quella degli uomini. Stessa storia per la Cambogia dove il picco della percentuale femminile è stato raggiunto tra il 1975 e il 1978 durante il genocidio perpetrato dagli Khmer rossi.
Infine, forse potrà sorprendere, ma nel 2013 l’Africa è risultata essere il Continente più equilibrato per quanto riguarda il genere.
La maggior parte dei Paesi africani infatti ha percentuali su entrambi i generi comprese tra il 49,5% e 50,5% della popolazione totale, più o meno come Svezia e Norvegia.
Purtroppo non c’è molto da rallegrarsi nonostante i dati apparentemente positivi. Innanzitutto la maggior parte dei Paesi hanno una percentuale di nascite minori rispetto alla media mondiale: 103 bambini per 100 bambine. Si pensa che:
contribuiscano all’alta mortalità di feti maschili.
Questo dovrebbe tradursi in una cospicua sovrabbondanza di donne sugli uomini, ma così non avviene e le donne vivono giusto qualche anno in più dei coetanei.
Nonostante, almeno nei Paesi Occidentali, al giorno d’oggi ci sia una maggior sensibilità nei confronti dell’infanzia, dei suoi problemi e, in particolare, dei diritti delle bimbe anche grazie all’Istituzione della Giornata Mondiale delle Bambine, l’11 ottobre di ogni anno, i dati che emergono da questa relazione sono sconfortanti.
Se da una parte emerge la necessità di cambiamento sociali e culturali molto forti nelle zone che praticano l’aborto selettivo, dall’altra è anche chiaro che (come si vede nel grafico qui sotto) sono i Paesi più sviluppati ad avere la maggior percentuale di donne.
Tredici dei primi 15 Paesi che compongono l’Indice di Sviluppo Umano (che misura la salute, l’istruzione e la prosperità) e 29 dei 31 membri ad alto reddito dell’OCSE possiedono una popolazione femminile superiore al 50%.
Nel grafico infatti vengono riportate le prime tre Nazioni del 2014 dell’Indice di Sviluppo Umano:
Unimamme e voi cosa ne pensate degli inquietanti risultati prodotti da questa indagine?
Secondo voi la situazione è destinata a migliorare per le nostre bambine o non c’è via d’uscita?
Il guaio è che la piaga dell’aborto selettivo, minaccia di diffondersi anche nei Paesi Occidentali, come la Gran Bretagna dove mancano all’appello tra le 1.400 e le 4.700 bambine, stando ai dati del censimento 2011.
Dite la vostra se vi va.
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