Simona ha 40 anni, è tornata a casa dopo due mesi trascorsi in ospedale. Ha trovato un telegramma dell’azienda in cui lavorava, dove le veniva comunicato il suo licenziamento.
Nell’arco di un anno si è assentata 200 giorni per malattia. Non ha chiesto il prolungamento della malattia , dopo i 180 giorni di legge, per un semplice motivo: era in ospedale per curarsi dal cancro. Si è ammalata nel 2010 e negli ultimi mesi ha subito due operazioni.
L’azienda si trova nel centro commerciale di Roma Est, ha rispettato i termini previsti dalla legge, non vi è dubbio. Ma dove finisce l’implacabile incedere della burocrazia per dare spazio ad un più sano comportamento etico?
Simona è sola. con una figlia da crescere, e il male che l’ha colpita gli ha complicato notevolmente la vita. Una dimenticanza, come la richiesta di prolungamento malattia al datore di lavoro, ci può stare.
In questa epoca di contratti a tutele crescenti, delocalizzazioni, fughe all’estero, abbandono scolastico, perdita di forza del titolo accademico per i nuovi laureati, deindustrializzazione del territorio, falsi invalidi, evasori fiscali, ci troviamo a combattere anche contro l’iniquità della legge davanti a casi di palese impossibilità nell’agire per il verso giusto. Simona sta lottando per la sua vita e di conseguenza per il futuro di sua figlia. E proprio chi gli doveva garantire appoggio l’ha scaricata, licenziandola appena ne ha avuto modo.
Immagino Simona dentro una stanza di ospedale, con le paure e le speranze che le affogano dentro il cuore, come si possa essere preoccupata di contare i giorni di malattia. Assurdità che potrebbero essere ovviate dal datore di lavoro stesso, magari inviando un avviso alla dipendente che i giorni di malattia a disposizione stanno per scadere. Ma ovviamente il mercato chiede sempre carne fresca, e la possibilità di scaricare un lavoratore non produttivo e probabilmente soggetto a ricadute, non si deve lasciarla sfuggire.
Oggi il messaggio che passa è questo, visto che in televisione e sui i giornali, gli unici idonei a parlare dei problemi della crisi che attanaglia l’Italia sembrano essere i politici, gli imprenditori e una flotta di economisti delle varie scuole di pensiero.
Fortunatamente Roma si è mobilitata, oltre ai sindacati, un sano sdegno aleggia nel web. Su Twitter si è diffuso l’hashtag #dallapartedisimona. Dove anche personaggi noti si sono resi partecipi nel protestare contro questo provvedimento.
E voi Unigenitori, state con Simona?
(Fonte Messaggero.it)