Teresa Pecere è una ricercatrice, ovviamente precaria e presta la sua opera all’Università di Padova. Ha terminato gli assegni di ricerca ed ora ha un contratto di collaborazione. Studiando una molecola naturale, l’ Aloe- Emodin (AE) che si ricava dall’aloe e dal rabarbaro, ha scoperto che potrebbe curare alcuni tipi di cancro.
Nell’attesa infinita della sperimentazione ha vinto un concorso, e insegna scienze integrate in un istituto tecnico. Ora all’Università dirige un gruppo di ricerca “per la caratterizzazione dell’attività selettiva di AE nelle cellule neoplastiche sensibili” nei laboratori del Dipartimento di Medicina Molecolare. Inoltre, con il direttore del reparto di Oncoematologia pediatrica, sempre a Padova, coordina la ricerca su alcuni composti naturali compreso l’ AE, per sviluppare un nuovo farmaco antitumorale a bassa tossicità per i pazienti.
Il bello viene adesso: la dottoressa, insieme ai due responsabili dei succitati Dipartimenti, ha depositato due brevetti sull’attività dell’AE, i quali vengono acquistati dall’Università di Padova. Il costo per mantenere i brevetti si aggira intorno ai 20mila euro l’anno, e l’Università non ha i soldi. E proprio quando lo Stato latita sulle solite priorità, i cittadini si rimboccano le maniche e aprono il portafogli. Grazie a tutta una serie di grandi e piccole iniziative si riesce a mantenere in vita il progetto. Sono soprattutto le famiglie colpite dal cancro ad attivarsi, come Sandra Bertolazzi, che dopo aver perso il marito fonda l’associazione veneta Franco Marcolin per raccogliere fondi.
Esce anche un articolo su Cancer Research, prestigiosa rivista di ricerca, a firma della Pecere, dove si descrive l’innovativa attività antitumorale di AE. “La pubblicazione – dimostra che AE è in grado di colpire preferenzialmente tumori di origine neuroectodermica come il neuroblastoma, malattia rara e tipica dell’età infantile“, spiega la ricercatrice italiana.
Gli studi e gli esperimenti con questa molecola prendono piede, perfino in America. Si scopre che può essere utilizzato anche contro altre tipologie di tumore, come melanoma, carcinoma e altri tipi di tumore al polmone. Insomma un possibile ed imminente successo nella battaglia contro il cancro.
L’intoppo , qui in Italia , arriva al momento della richiesta al Ministero della Salute per avviare la sperimentazione clinica sui pazienti. E’ necessario condurre studi preclinici e produrre il farmaco. E di nuovo si parla di costi elevati per affrontare questo percorso. Il lavoro della dottoressa è stato fatto oggetto di un’interrogazione parlamentare, presentata da alcuni parlamentari del M5S, dove si chiedeva il perché del mancato utilizzo della molecola AE, visti i risultati positivi, presso strutture sanitarie pubbliche.
Cari Unigenitori che cosa ne pensate di questa ricercatrice italiana che non ha preferito l’estero e di questi cittadini che si sono attivati per finanziare studi e ricerche? E in tutto ciò, lo Stato?
(Fonte Il Fatto Quotidiano/ Cancer Research)
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