La onlus Peter Pan ha condotto, in collaborazione con il Gruppo Trevisan e la Fondazione Scintille, negli ultimi mesi uno studio pilota, su un tema che crea dibattiti da quando ho memoria.
Trent’anni faceva da padrone il divieto ai minori di certi film con scene violente. Di acqua sotto i ponti ne è passata un bel po’, oggi il territorio è quello, manco a dirlo, dei videogiochi violenti, sì vietati ma che una volta “duplicati” e messi in vendita nei canali non ufficiali (la famigerata pirateria), diventano di facile fruibilità anche per i bambini.
Lo studio sui videogiochi violenti
Vediamo come si è svolta l’indagine:
- sono stati presi come campione 500 minori italiani tra gli 11 e i 13 anni di 4 città (Roma, Genova, Verona e Salerno)
- i dati sono stati raccolti con un’intervista fatta dai genitori
- è stato testato un videogame che vede 3 criminali, uno dei quali psicopatico, muoversi in una tipica metropoli americana
- il lavoro si è svolto tra il primo novembre 2014 e concluso il primo febbraio 2015.
E i dati che snocciolano Mario Campanella, dell’Associazione Peter Pan, coadiuvato dalla psichiatra Donatella Marazziti, docente dell’Università degli Studi di Pisa, sono eloquenti:
- il 34% di questi bambini presenta reazioni tipiche di ansia, insonnia, enuresi notturna (pipì a letto) e sintomi di derealizzazione (sentirsi portati fuori dalla realtà, in un’altra dimensione).
- il 26% ha reazioni di fotosensibilizzazione.
- il 32% non mostra segni particolari.
Un bambino su tre mostra quindi sintomi gravi
Marazziti e Campanella affermano: ” Sono dati che devono far riflettere, soprattutto per la facilità con cui questi giochi vengono copiati e venduti sul mercato nero, senza nessun filtro. I bambini che manifestavano ansia e sintomi neurovegetativi, non riuscivano a staccarsi dal video“. E concludono lanciando un messaggio alle istituzioni, che dovrebbero prendersi carico di questa problematica.
Si tendono a sottovalutare le conseguenze di un eccessivo uso dei videogiochi, da parte dei minori. Di certo non serve l’ausilio dell’ennesima ricerca, indagine, o studio per capire che forse dovremmo portare i nostri figli più spesso al parco, facendoli crescere un po’ di più a pane e bicicletta, non solo a pane e a megabyte. Un’osservazione ovvia, qualunquista, ma spesso dimenticata.
E voi, Unigenitori, staccate la spina ai videogiochi dei vostri figli? Che ne pensate dei risultati di questo studio riportati su Focus?