Un caso agghiacciante di tentato stupro e violenza sulle donne arriva dalla Turchia ed ha scatenato una emblematica protesta in cui i primi a manifestare sono stati questa volta gli uomini.
Potrebbe essere ribattezzata la protesta degli “uomini in minigonna” questa forza di solidarietà e opposizione contro l’abuso sessuale e la violenza perpetrata proprio dagli uomini, ed innescata da istinti sessuali e barbari. Sfilano insieme mostrando le gambe, posano sui social tenendo tra le mani cartelli… perché una violenza, uno stupro, un omicidio non possono essere colpa della gonna.
L’episodio che scatena questo grido è avvenuto lo scorso 11 febbraio. Una giovanissima ragazza di nome Ozgecan Aslan, viene uccisa a soli venti anni in una città della Turchia. La sua colpa è stata quella di aver rifiutato ed aver resistito al tentativo di stupro tentato dall’autista di un autobus in cui sventuratamente viaggiava. Il corpo di Aslan è stato rinvenuto tre giorni più tardi, bruciato, nel letto di un fiume nella provincia di Mersin, nel sud della Turchia.
L‘uomo colpevole di questo orrore ha sostenuto in sua difesa che Aslan aveva cercato di difendersi dal suo aggressore con uno spray al peperoncino, ma l’uomo ha reagito accoltellando e colpendo al capo la giovane donna.
La brutale uccisione di Aslan ha scatenato la protesta di molti cittadini turchi, che attraverso i social network hanno diffuso messaggi contro il sessismo presente nella cultura del Paese.
“Se questo indumento è il responsabile di tutto, se basta indossare un abito più corto per essere immorali, se una donna che indossa una minigonna manda dei segnali sessuali e provoca quello che poi è successo a lei, allora anche noi mandiamo questi segnali”, si legge nella didascalia di una foto postata su Facebook .
“Indossiamo una gonna per Ozgecan”, scrivono migliaia di uomini che scattando foto come queste che vi mostriamo, con un cartello in mano supportando la causa anche su twitter con l’hashtag #sendeanlat
La campagna mira ad attirare l’attenzione su un fenomeno aumentato del 400% da quando, nel 2002, è al potere il partito islamico Akp del presidente Erdogan.
Care Unimamme, una storia tristissima e che ci sbarra davanti il lungo cammino che c’è da fare per l’affermazione dei diritti delle donne e del rispetto stesso per la vita. Nonostante la larga diffusione di questa campagna in molti sono convinti che non sia il modo giusto per raggiungere l’obiettivo e qualcuno osserva che si dovrebbero supportare le donne in modi più reali e pratici e che in civiltà conservatrici come la Turchia o l’Azerbaijan questa campagna non serve a nulla.
Voi cosa ne pensate, credete che oggi il cambiamento possa passare anche da queste manifestazioni?
(Fonte: Huffingtonpost; BBC)
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